Intanto, in Siria
Gli scontri tra l'esercito e i ribelli sono arrivati vicino a Damasco, la città più protetta dal regime di Bashar al-Assad
Oggi in Siria gli scontri tra l’esercito ufficiale siriano e quello ribelle (il Free Syrian Army, FSA) sono arrivati a circa otto chilometri dal centro di Damasco, vicino alle postazioni della Guardia repubblicana, il corpo incaricato della sicurezza nella zona della capitale comandato dal fratello più giovane del presidente Bashar al-Assad, Maher. La notizia è stata data questa mattina dall’Osservatorio per i diritti civili in Siria (SOHR). È stato anche riferito che 10 persone sarebbero state uccise nei bombardamenti vicino a Damasco e circa 58 in tutto il resto del Paese: 24 soldati, 30 civili e quattro ribelli.
Damasco è la città più protetta dal regime di Bashar al-Assad: gli edifici governativi e la zona del palazzo presidenziale sono controllati e difesi da numerose stazioni di controllo. Nelle ultime settimane i combattimenti vicino alla capitale si sono intensificati, ma quelli di oggi martedì 26 giugno sono stati fino ad ora i più violenti. Il direttore dell’Osservatorio Abdel Rahman ha detto: «Questa è la prima volta che il regime ha usato l’artiglieria pesante così vicino alla capitale». Ha anche aggiunto che gli scontri si sono svolti a Qadsaya, Barzeh e a Al-Hama, quartieri abitati dalle famiglie di molti ufficiali dell’esercito siriano.
Nel frattempo, la missione degli ambasciatori delle Nazioni Unite in Siria, sospesa il 16 giugno a causa delle continue violenze, non è ancora ripresa: «Le condizioni non sono favorevoli». Uno dei portavoce degli osservatori, Herve Ladsous, ha anche spiegato che il governo di Damasco si è rifiutato di permettere l’utilizzo dei telefoni satellitari, che sono essenziali per la missione UNSMIS (Supervision Mission in Syria).
I combattimenti di oggi arrivano dopo l’intensificarsi delle tensioni tra Siria e Turchia a causa dell’abbattimento del jet turco in territorio siriano. Oggi il capo del governo della Turchia Erdogan, parlando in Parlamento, ha detto che il suo Paese «risponderà a ogni violazione del confine. L’attuale amministrazione siriana è un regime tirannico che uccide il suo stesso popolo e ha perso ogni legittimità».