La riforma sanitaria di Obama è costituzionale?
Si attende per giovedì la decisione della Corte Suprema su uno dei casi più delicati degli ultimi anni, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali
Si attende per giovedì la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti sulla riforma sanitaria approvata dal Congresso nel 2010, su spinta dei democratici e dell’amministrazione Obama. La decisione è considerata una delle più importanti e delicate da molti anni a questa parte e potrebbe avere conseguenze significative sulla campagna elettorale in vista delle presidenziali del prossimo novembre.
Che cosa prevede la legge e cosa viene contestato
La riforma sanitaria approvata nel marzo del 2010 è una delle leggi più vaste mai approvate dagli Stati Uniti e modifica la legislazione precedente sotto moltissimi aspetti. Negli Stati Uniti, come noto, il sistema sanitario ruota attorno alle assicurazioni: stipulate direttamente dai cittadini o dai loro datori di lavoro, salvo gli anziani, protetti dal programma Medicare, e le persone a basso reddito, protette dal programma Medicaid.
La riforma sanitaria di Obama non stravolge questo quadro – non introduce niente di lontanamente simile a un sistema europeo – ma amplia la copertura sostanzialmente in tre modi. Primo: costringendo le società assicurative a concedere le loro polizze anche ai cittadini malati o affetti da patologie croniche, che prima venivano sistematicamente rifiutati. Secondo: garantendo sgravi fiscali e sussidi a un numero di cittadini americani molto più largo rispetto al passato, per permettere di acquistare una polizza anche alle persone con i redditi medio-bassi. Terzo, alla luce di quanto sopra, stabilendo per legge l’obbligo per ogni cittadino americano di contrarre un’assicurazione sanitaria entro il 2014, anno in cui il Patient Protection and Affordable Care Act dovrebbe entrare definitivamente in vigore.
Si tratta, peraltro, dello stesso schema adottato in Massachusetts quando Mitt Romney era governatore. Oggi Romney è il candidato repubblicano alla presidenza e rinnega quell’approccio, dopo averlo difeso per anni. L’ultimo punto è infatti il più contestato dai repubblicani, da molti cittadini e da 26 stati americani su 50. Secondo loro l’obbligo di acquistare l’assicurazione sanitaria, cioè il cosiddetto individual mandate, costituisce una violazione della libertà dei cittadini prevista dalla Costituzione, obbligando le persone ad acquistare un prodotto. Inoltre, secondo loro lo Stato centrale non può imporre una multa, come quella prevista dalla legge, qualora un cittadino non sottoscriva un’assicurazione.
Un altro punto molto controverso su cui dovrà esprimersi la Corte Suprema è la possibilità stessa di fare il ricorso. Secondo una legge del 1867, infatti, un cittadino o un’istituzione statunitense non può fare ricorso contro una “tassa” decisa dal governo finché non l’ha pagata. Solo a quel punto, allora, può fare causa e chiedere il rimborso. L’amministrazione Obama ha detto pubblicamente che qualora un cittadino non sottoscriva l’assicurazione dovrà pagare una “multa” e non una “tassa”. Tuttavia, la “multa” per chi non paga l’assicurazione, secondo la legge del 2010, verrà conteggiata nella dichiarazione dei redditi del cittadino inadempiente e dunque verrà riscossa dall’Agenzia delle Entrate americana. Come le tasse.
Che cosa può succedere
La Corte Suprema degli Stati Uniti è composta da nove giudici. Quattro di loro, Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan, sono di orientamento progressista: a meno di clamorose sorprese voteranno a favore della riforma sanitaria così com’è. Gli altri cinque giudici, John Roberts, Antonin Scalia, Anthony Kennedy, Clarence Thomas e Samuel Alito, sono di orientamento conservatore. Perché la riforma di Obama rimanga in piedi così com’è, quindi, serve che almeno un giudice “conservatore” voti con i giudici “progressisti”.
Che cosa è successo finora
Lo scorso marzo la Corte Suprema ha tenuto tre udienze in tre giorni sul tema. Le tre udienze hanno terrorizzato i democratici, per due ragioni. La prima è che il solicitor general, cioè il rappresentante legale del governo americano davanti alla Corte Suprema, durante le tre udienze è stato tutto meno che brillante, facendosi cogliere di sorpresa da alcune domande dei giudici e non risultando convincente. La seconda ragione è che i giudici hanno mostrato un atteggiamento scettico e persino Anthony Kennedy, quello considerato più “volubile” tra quelli di orientamento conservatore, ha espresso domande molto critiche.
La Corte Suprema potrebbe rigettare i ricorsi e approvare in toto la legge, considerandola conforme alla Costituzione, oppure bocciarla in toto con una sentenza analoga a quella che un giudice federale della Florida ha emesso il 31 gennaio 2011. Oppure la Corte potrebbe considerare incostituzionale soltanto l’individual mandate, cioè la parte della legge che richiede agli americani la sottoscrizione di una polizza: in tal caso la legge dovrà essere modificata dal Congresso ma l’amministrazione Obama ne pagherà comunque delle conseguenze politiche, avendo molto difeso la legittimità della norma.
foto: Alex Wong/Getty Images