Guida al prossimo Consiglio europeo
Cioè l'ennesimo considerato decisivo - pure da Monti - per il futuro dell'euro
Il 28 e 29 giugno a Bruxelles si terrà un Consiglio europeo secondo molti decisivo per prendere misure contro la crisi che sta colpendo l’Europa. In caso contrario, ha detto lo stesso Monti in un’intervista pubblicata sulla Stampa e su altri cinque giornali europei – lo spagnolo El País, il polacco Gazeta Wyborcza, il francese Le Monde, il tedesco Süddeutsche Zeitung e l’inglese Guardian – nessuno sa precisamente cosa succederà, ma “ci sarebbero attacchi speculativi sempre maggiori contro singoli paesi, con accanimento su quelli deboli nel senso che non sono ancora in linea con i parametri europei, ma anche nei confronti di paesi non più deboli perché sono in linea con i parametri, ma si trascinano un alto debito dal passato come l’Italia.”
Che cos’è il Consiglio europeo
Il Consiglio europeo è la riunione periodica dei capi di Stato e di governo dei 27 paesi dell’Unione Europea. L’Italia partecipa con il presidente del Consiglio, che è a capo dell’esecutivo, mentre altri paesi (come la Francia) partecipano con il presidente della Repubblica, visto il suo ruolo di primo piano nel governo del paese. Le riunioni informali tra i capi di governo ci sono sempre state nella storia dell’Unione Europea, ma la formalizzazione del Consiglio europeo come di uno degli organi direttivi dell’Unione (con un presidente in carica per due anni e mezzo, che attualmente è il belga Herman Van Rompuy) risale solo al Trattato di Lisbona, nel 2009.
Si tiene ogni tre mesi circa, anche se con la recente crisi economica ci sono state riunioni più frequenti: il Consiglio europeo precedente si è tenuto l’1 e il 2 marzo, quando era stato firmato ufficialmente da 25 paesi il cosiddetto fiscal compact già deciso a gennaio. Oltre alle riunioni ufficiali, negli ultimi mesi ci sono stati diversi incontri informali dei capi di governo (l’ultima il 23 maggio).
Quali punti sono all’ordine del giorno
La questione principale all’ordine del giorno sarà molto probabilmente la stabilità del sistema bancario dell’Unione Europea: le banche spagnole sono in grande difficoltà e circa due settimane fa è stato deciso un prestito per aiutarle. I dettagli non sono ancora stati decisi e non è chiaro né quanti soldi saranno prestati – si parla di una cifra massima di 100 miliardi di euro – né quali saranno i meccanismi precisi del prestito. Ma certamente la sofferenza del settore bancario spagnolo sarà tra le preoccupazioni principali del prossimo incontro.
“Il seme di un’unione bancaria è il risultato più probabile dell’incontro europeo del 28-29 giugno”, ha scritto l’Economist. Il punto principale è trovare un meccanismo che, a livello europeo, garantisca collettivamente i depositi delle diverse banche: probabilmente si tratterebbe di un fondo europeo a cui contribuiranno le banche stesse, il che, nota il periodico britannico, presenta meno problemi rispetto a chiedere nuovi soldi ai bilanci degli stati europei. Si spingerà probabilmente anche per un ruolo di supervisione maggiore sul settore bancario affidato alla Banca Centrale Europea, come riporta oggi il quotidiano tedesco Die Welt citando fonti diplomatiche.
Quali sono gli schieramenti
Il problema delle banche sarà probabilmente centrale, ma di sicuro una decisione in quell’ambito non guarirà i problemi dell’euro e quello che ha causato la sua crisi. L’Unione Europea avrebbe bisogno di altri passi più incisivi, che però difficilmente saranno presi alla prossima riunione: il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy ha già messo le mani avanti dicendo: “Anche se in giugno non prenderemo decisioni definitive, il percorso e la traiettoria sono molto chiare per tutti”.
In realtà sono ben note le diversità di vedute sul futuro dell’Unione Europea e sulle risposte alla crisi. Alcuni paesi come l’Italia e la Francia sono fortemente favorevoli a una maggiore condivisione dei rischi legati al debito pubblico: in altre parole, che l’insieme dei paesi dell’UE si faccia garante, almeno in parte, dei debiti di ciascuno. Lo strumento è quello di cui si va parlando da molti mesi, i celebri eurobond, che permetterebbero un abbassamento dei tassi di interesse che i paesi più in difficoltà devono chiedere al mercato.
Ma gli eurobond avrebbero un costo immediato per i paesi che sono economicamente più in salute, e in particolare per la Germania. Lo Spiegel ha descritto Angela Merkel come un leader isolato, dopo la vittoria di Hollande in Francia, e sotto pressione da più parti – anche dagli Stati Uniti e dal Regno Unito – perché la Germania si assuma maggiormente i costi di una garanzia comune per il debito.
Quello che chiede la Germania in cambio, però, è altrettanto noto: maggiore integrazione economica e politica, ovvero un maggior controllo sui bilanci statali e bancari da parte di istituzioni europee. Non è possibile, è la posizione tedesca, che si crei un’unione bancaria continuando a delegare i controlli sullo stato di salute delle banche alle singole nazioni, che spesso nascondono i dati più scomodi. E non è neppure possibile che ci siano eurobond o altre forme di garanzia del debito senza assicurarsi che i conti pubblici siano in ordine.
foto: Mario Monti e il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble (Steffi Loos/dapd)