Che cos’è Goldman Sachs, davvero
Perché una banca d'investimento come molte altre, e meno grande di molte altre, è diventata sinonimo di “governo ombra del mondo”
di Davide Maria De Luca
Se scrivete su Google “why Goldman Sachs is” otterrete due suggerimenti di ricerca: “evil” e “the best”. L’algoritmo di Google che regola i suggerimenti si basa sulle ricerche degli altri utenti. Per loro Goldman Sachs (GS) è il male o la migliore banca del mondo. O forse pensano che le due cose coincidano.
Internazionale ha tradotto questa settimana un articolo di Le Monde in cui si racconta l’ambiente predatorio e darwiniano in cui lavorano i dipendenti di GS. A settembre un sedicente trader indipendente accusò GS di essere il vero governo mondiale, confermando i sospetti di molti. Lo scorso marzo un dirigente si dimise inviando una pesantissima lettera al New York Times. Si dice spesso che il patrimonio totale di Goldman Sachs è pari al PIL annuale di Grecia, Irlanda e Portogallo messi insieme. Ma si tratta di numeri che possono facilmente ingannare: il patrimonio è uno stock, il PIL un flusso. Goldman Sachs è soltanto una delle numerose banche d’investimento che ci sono al mondo, e non è nemmeno la più grande.
Che cos’è Goldman Sachs
GS è descritta spesso come “un gigantesco calamaro vampiro attaccato alla faccia
dell’umanità che protende i suoi tentacoli succhiasangue verso qualunque cosa che odori di denaro”. Nessuna banca al mondo ha una fama peggiore, anche se GS non è propriamente una banca. Si tratta di una holding bancaria, cioè (per il diritto statunitense) di una società che controlla una o più banche. Questo passo è stato compiuto nel 2008, in seguito al fallimento di Lehman Brothers. Oggi, tramite le sue società, GS esercita ogni tipo di attività bancaria, compresa la raccolta dei risparmi dei privati (o attività di retail).
Circa due terzi dei profitti di Goldman Sachs arrivano dal settore investimenti e trading. Questa divisione si occupa di comprare e vendere titoli di ogni tipo (titoli di stato, obbligazioni societarie, futures, derivati) e compiere investimenti (come ad esempio la partecipazione che GS ha in Endemol, il produttore del Grande Fratello). Circa il 17 per cento dei profitti arrivano dall’attività di consulenza (in particolare consulenza su fusioni e acquisizioni, di cui GS è uno dei leader al mondo) e da quella di sottoscrittore (il ruolo di supporto, per esempio, a chi si vuole collocare in borsa, quello che fece Morgan Stanley per Facebook). Il resto dei profitti sono ottenuti dalla divisione della gestione patrimoniale, un servizio rivolto a tutte le classi di investitori, compresi i privati.
GS fu fondata nel 1869 da Marcus Goldman e suo genero Samuel Sachs, ed è diventata uno dei soggetti più importanti di Wall Street nel corso degli anni Ottanta. Stando al bilancio 2011, ha un fatturato di 28 miliardi di dollari, un utile netto di 4 miliardi e mezzo e possiede quasi mille miliardi di attivi patrimoniali (gli attivi, o asset, sono la somma totale di tutto il patrimonio posseduto da una società). Per fare un paragone, il PIL italiano nel 2011 è stato di 1.500 miliardi, poco meno del doppio di tutti gli asset in mano a GS.
La numerosa concorrenza
Goldman Sachs non è la sola banca ad avere questo tipo di risultati. GS fa parte della “bulge bracket”, la lista delle più grandi e profittevoli banche d’affari del mondo. La “bulge bracket” non è una classifica ufficiale, ma è compilata da addetti ai lavori e giornalisti finanziari. Secondo Thomson Reuters la lista al momento comprende: Bank of America, Merrill Lynch, Barclays, Citi, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, J.P. Morgan Chase, Morgan Stanley, UBS.
È difficile comparare questi istituti come si fa con le squadre di calcio, ma osservando alcuni indicatori è possibile farsi un’idea delle loro dimensioni e dei loro volumi d’affari. Gli indicatori fondamentali sono l’utile netto, cioè quanto la banca guadagna a fine anno tolte tutte le spese e le tasse. Il patrimonio (o total asset) che è la somma di tutti gli attivi (il capitale, le azioni, le partecipazioni possedute in altre società, gli immobili, i crediti). L’indebitamento (come percentuale su capitale, che nel caso della banca è in genere un multiplo) e il Roe (il return on equity, ritorno sul capitale: cioè gli utili in percentuale sul capitale).
J.P. Morgan Chase è la più grande banca d’investimenti americana, ma non viene quasi mai additata come “governo ombra del mondo”. Nel 2011 il suo utile netto è stato di 18 miliardi di dollari, più di quattro volte quello di Goldman Sachs. I suoi asset sono più del doppio della concorrente e ammontano a 2.200 miliardi (400 miliardi più del Pil italiano). J.P. Morgan Chase supera la concorrente anche nel Roe e come minore indebitamento: 11,5 per cento contro 8.4 per cento e 1.5 contro 2.4 (che signifca che il debito di J.P. Morgan è una volta e mezzo il capitale mentre quello di Goldman è due volte e mezzo). Anche in Europa Goldman Sachs ha concorrenti con un giro di affari superiore. Deutsche Bank ha un utile netto di un miliardo di dollari più alto e 2.800 miliardi di asset, tre volte GS. In Italia non esistono grandi banche d’affari. Unicredit, per esempio, è una banca commerciale, che a differenza di GS opera con la clientela “retail”, cioè raccogliendo il risparmio dei privati. Le sue principali attività, come quelle di tutte le altre banche commerciali, sono l’erogazione di prestiti (finanziamenti alle imprese e mutui alle famiglie). Il gruppo di piazza Cordusio, nel 2011, aveva un total asset di 1.200 miliardi di dollari, trecento miliardi più di GS.
Perché sempre Goldman Sachs?
Goldman Sachs attira più attenzione anche delle banche di dimensioni maggiori per la sua efficiente attività di lobbying. In particolare GS è stata molto abile nel fenomeno cosiddetto delle “revolving doors”, porte girevoli. Si tratta del passaggio di un professionista dal ruolo di legislatore o regolatore a quello di membro dell’industria che prima regolava e viceversa. Il caso più celebre è quello di Hank Paulson, ex amministratore delegato di GS diventato nel 2006 ministro del Tesoro nel governo di George W. Bush. In Italia hanno fatto il percorso opposto, dalla politica alla banca, Gianni Letta e Mario Monti. Sedevano nell’Advisory Board: un lavoro non certo a tempo pieno che consisteva sostanzialmente nell’aiutare la società sfruttando la loro rete di relazioni. Sempre dalla politica alla banca è stato il percorso di Tony Blair. La banca che lo ha assunto come consulente è stata J.P. Morgan Chase e questo ha risparmiato all’ex primo ministro inglese parecchie critiche. Quello delle “revolving doors” è un fenomeno ritenuto poco salutare, ma molto diffuso. Corrado Passera, passato dal ruolo di amministratore delegato di Intesa San Paolo a quello di ministro per lo sviluppo economico, è un esempio italiano di porte girevoli.
Secondo alcuni commentatori c’è però un altro motivo per cui, tra tutte, proprio GS è la banca che viene più spesso additata come minaccia per la libertà dei popoli. Dai tempi di Marcus Goldman, la gran parte dei presidenti e degli amministratori delegati della società era di origine o di religione ebraica, così come l’attuale amministratore delegato, succeduto a Paulson, Lloyd Blakefein. L’accusa di essere una banca sionista arriva sia dall’estremismo di destra che da quello di sinistra. Questa tesi, Goldman Sachs come braccio armato del sionismo mondiale, è stata portata avanti con molto successo dallo scrittore cospirazionista David Icke. Il successo di questa tesi anche nel nostro paese è facile da verificare scrivendo su Google “Goldman Sachs sionismo”.
foto: Persone riflesse nelle pareti di vetro del palazzo di Goldman Sachs a New York. (Mario Tama/Getty Images)