Terremoto in Emilia, le cause e i danni
Mentre prosegue la verifica delle migliaia di edifici lesionati, i ricercatori studiano i piani di faglia da cui sono originate le forti scosse di maggio
La quantità di eventi sismici rilevanti in Emilia continua a ridursi, come mostrano i dati più recenti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Nelle ultime ore si sono verificate poche scosse e tutte di lieve entità. Quella più significativa si è verificata questa mattina alle 8:48 ed è stata di magnitudo 3.6 a una profondità di 6,1 chilometri. È stata rilevata tra le province di Mantova e Modena e ha interessato la zona già colpita dai forti terremoti del 20 e 29 maggio scorso nei pressi di Cavezzo, Medolla, Mirandola e Concordia sulla Secchia.
Il sismologo Alessandro Amato dell’INGV ha confermato che il ritmo delle scosse in Emilia è diminuito notevolmente negli ultimi giorni. Si è passati dalle 200 scosse di varia magnitudo, subito dopo il terremoto del 20 maggio, alle 20 leggere registrate nella giornata di ieri: «Dal 16 maggio a oggi sono stati oltre 1.800 i terremoti avvenuti in Emilia e la tendenza è quella di una progressiva riduzione, anche se non si possono escludere picchi secondari». Gli strumenti consentono infatti di rilevare l’andamento delle scosse e la loro magnitudo, ma a oggi non permettono comunque di prevedere quando e come si verificheranno nuovi terremoti.
Utilizzando dati e mappe satellitari, i ricercatori INGV stanno effettuando analisi per individuare con maggiore precisione le faglie lungo cui si sono sviluppati i terremoti di maggio in Emilia.
Queste faglie possono essere visualizzate come dei piani di frattura lungo i quali si ha lo scorrimento dei due blocchi di crosta terrestre: il blocco a Sud della faglia è salito sopra il blocco a Nord (per questo si chiamano sovrascorrimenti), causando sollevamenti del suolo di 10-15 cm. Entrambi i piani di frattura si fermano a qualche centinaio di metri di profondità, e quindi non arrivano ad intersecare la superficie. Un eventuale affioramento delle faglie in superficie avrebbe causato molti più danni nelle zone interessate.
Le faglie individuate corrispondono molto bene a strutture mappate in profondità con studi geologici. Si tratta di strutture vecchie di milioni di anni, generate dalla spinta dell’Appennino settentrionale verso le Alpi. La conoscenza di dettaglio della posizione e delle caratteristiche delle faglie attive è un elemento fondamentale per generare mappe di pericolosità sismica sempre più affidabili.
L’immagine mostra i piani di faglia individuati da INGV proiettati sulla superficie del territorio emiliano. Il rettangolo grigio più a destra mostra la zona in cui si trova la faglia del terremoto del 20 maggio, su cui per ora non è stato possibile identificare lo scorrimento in maniera attendibile. Il rettangolo colorato a sinistra mostra invece il piano di faglia del 29 maggio, con lo schema dello scorrimento in centimetri a seconda delle zone. I colori caldi indicano un maggiore scorrimento, fino a un massimo di 74 centimetri.
Nelle zone in cui si sono verificate le scosse di terremoto più forti del 20 e del 29 maggio migliaia di persone continuano a vivere nelle tende e nelle strutture di accoglienza messe a disposizione dalla Protezione Civile e dalle autorità locali. Centinaia di famiglie non possono tornare nelle loro case perché distrutte o dichiarate inagibili in seguito ai crolli causati dalle scosse. Stando agli ultimi dati diffusi dalla Protezione Civile, le persone assistite sono circa 16mila tra Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia (provincia di Mantova). Sono operativi 45 campi di accoglienza, 64 strutture al coperto (come scuole, palestre e caserme, vagoni letto messi a disposizione dalle Ferrovie) e decine di alberghi che hanno dato la loro disponibilità per accogliere gli sfollati. La maggior parte delle persone sfollate si trovano in Emilia-Romagna: sono circa 14.500. Più di mille sono assistite in provincia di Mantova.
Proseguono intanto le operazioni di verifica degli edifici per la valutazione di eventuali danni dovuti al terremoto. La Protezione Civile ha già preso in carico ed evaso circa 35mila richieste: nel 65 per cento dei casi gli edifici sono stati dichiarati agibili, mentre per i casi restanti saranno necessarie nuove verifiche per valutare la stabilità dei palazzi lesionati. I controlli più approfonditi hanno portato all’analisi di 6.994 edifici in Emilia-Romagna, di questi circa 2.500 sono stati dichiarati inagibili.