Spostiamo cose

Foto da ogni parte del mondo di quello che facciamo tutti, fin da bambini, chiedendoci ogni volta se ce la faremo e qual è il modo migliore di farla

An ice sculpture carries a block of ice during the London Ice Sculpting Festival in Canary Wharf, east London, on January 13, 2012. Competitors battled it out with chainsaws and ice picks in the London Ice Sculpting contest. AFP PHOTO / CARL COURT (Photo credit should read CARL COURT/AFP/Getty Images)
An ice sculpture carries a block of ice during the London Ice Sculpting Festival in Canary Wharf, east London, on January 13, 2012. Competitors battled it out with chainsaws and ice picks in the London Ice Sculpting contest. AFP PHOTO / CARL COURT (Photo credit should read CARL COURT/AFP/Getty Images)

È una cosa su cui cominciamo a impegnare i nostri pensieri e i nostri sforzi da bambini e probabilmente non smettiamo mai più: qual è il modo migliore per portare questo peso? Ce la faccio a portare fino in casa la cassa dell’acqua? E quanto è pesante la cartella, che poi è diventata zaino e poi persino trolley, proprio per questo? E il dilagare dei trolley nei panorami occidentali, negli ultimi vent’anni? E se compro questo armadio di Ikea, poi sarò in grado di caricarlo in macchina, giù nel parcheggio (per fortuna interviene un creativo extracomunitario che ha intuito l’opportunità)? E questa cassa è meglio tenerla in braccio, su una spalla, o trascinarla appoggiata su un tappeto? E questo sacchetto terrà tutta la spesa o si sfonderà? E perché noi occidentali non portiamo niente sulla testa? E l’estinzione dei facchini?

Il modo di “portare le cose” ha conosciuto grandi sviluppi nel tempo e conosce grandi differenze nello spazio – soprattutto tra paesi ricchi e paesi poveri – ed è un pezzo sempre presente delle nostre vite. Per quanto lo meccanizziamo, alla fine in misure diverse ogni giorno lavoriamo di braccia. Spostiamo cose.