Gli ultimi 56 giorni di Borsellino: 13 giugno 1992
Dal libro di Enrico Deaglio, la cronologia degli avvenimenti tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio
Il nuovo libro di Enrico Deaglio – “Il vile agguato“ (Feltrinelli) – è dedicato alle indagini sulla strage di via D’Amelio a Palermo in cui fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino assieme a cinque agenti della sua scorta, il 19 luglio 1992. Il libro si conclude con una “succinta cronologia degli ultimi cinquantasei giorni di vita di Paolo Borsellino, compresi avvenimenti che avevano a che fare con lui, ma di cui non era a conoscenza”. Il Post pubblicherà in sequenza, assieme al secondo capitolo del libro, la successione di quegli eventi, a vent’anni di distanza.
13 giugno
Borsellino incontra a Palermo l’ex presidente Cossiga che lo invita pressantemente a presentare la sua candidatura alla direzione nazionale antimafia. “È inutile che si agiti. Lei è il successore e l’erede di Giovanni Falcone.”
Francesco Cossiga era allora da pochi mesi l’ex presidente della repubblica, ma evidentemente si considerava ancora un “game maker”. Durante il settennato le sue posizioni su magistratura e mafia erano state molto bizzarre. Applaudì per esempio, in nome del garantismo, la decisione del giudice Carnevale di liberare (“per decorso limite della custodia cautelare”) i più importanti mafiosi fatti arrestare da Falcone (in quella occasione la decisione di Carnevale fu impugnata da Martelli e Andreotti, che li fecero rimettere in carcere quarantotto ore dopo). Si scagliò beffardamente contro “i giudici ragazzini”, quando uno di loro, Rosario Livatino, era stato inseguito su un’autostrada e ucciso da Cosa nostra. Difese sempre l’Arma dei carabinieri da qualsiasi sospetto di collusione, invocandone anche una discesa in campo nella politica.
Inquietante il ricordo che Agnese Borsellino, la vedova di Paolo, ha raccontato al settimanale “Left” alla fine del 2011: “Mi chiamò l’ex presidente Cossiga un mese prima di morire. In quella telefonata mi disse: ‘La storia di via D’Amelio è da colpo di stato’. Poi chiuse il telefono senza dirmi nient’altro”.
Sempre nel 2011 anche il successore di Cossiga al Quirinale, Oscar Luigi Scalfaro (che sarebbe morto di lì a poco), venne intervistato sulla possibile trattativa stato-mafia degli anni 1992-1993. Le sue risposte non furono esaustive: “Temo che non sapremo mai la verità sugli attentati”. E ancora, in un’altra intervista: “A chi insiste sulla vicenda del famoso ‘papello’, sul quale Riina avrebbe scritto le condizioni di Cosa nostra, l’unica risposta possibile deve essere di assoluta cautela”. Marzio Breda sul “Corriere” gli chiedeva: “Ci fu il negoziato?”. Scalfaro: “Bisogna stare attenti a non superare il confine tra vero-verosimile e falso”.