“C’è una ambulanza da guidare, so farlo, potrei dare una mano”

Stefano Quintarelli spiega perché voleva fare il commissario dell'AgCom e perché non è stato eletto

Stefano Quintarelli è un informatico, imprenditore e dirigente d’azienda italiano, qualificato professionista nel settore della rete e delle nuove tecnologie, che qualche settimana fa si era candidato a membro dell’AgCom, l’autorità garante delle comunicazioni. Non è stato eletto, la settimana scorsa, nonostante per qualche momento sembrava che la sua nomina potesse essere possibile. E ieri sul suo blog ha spiegato come sono andate le cose, dall’inizio alla fine, e cosa se ne può imparare.

Come prima cosa, ringrazio ancora tutti per le incredibili manifestazioni di affetto che ho ricevuto.

Ringrazio i parlamentari che hanno ritenuto di segnalare il mio nominativo durante il voto in Parlamento.

Ringrazio chi, nei vari partiti, mi ha sostenuto per fini politici, e chi lo ha fatto sapendo di fare cosa non allineata; ringrazio chi ha cercato di sostenermi nei limiti della propria possibilità di non allineamento (stante il lavoro che fa). Ringrazio chi tra loro mi ha sostenuto in pubblico e chi mi ha giudicato competente ‘ma inaffidabile’.

Ringrazio i giornalisti che si sono interessati alla vicenda e che ho conosciuto (al di fuori dei giornalisti di settore con cui ho rapporti di lunga data).

Ringrazio chi ha ritenuto spontaneamente di sostenere la mia candidatura su blog e social networks e ringrazio anche chi ha dato uno straordinario ed inconsapevole contributo a mantenerne alta l’attenzione.

QUALCOSA È CAMBIATO

Nel 2005 il voto dell’AGCOM precedente era stato a marzo. Questo l’unico articolo circa il voto in parlamento nell’archivio del Corriere della Sera. (Ce ne sono altri ma non sui candidati, bensì sul fatto che allora, essendovi commissioni diverse, c’era stato un errore di voto con una inversione di designazioni che hanno poi dovuto correggere).

Pressapoco nello stesso periodo c’erano anche le nomine di antitrust e privacy, più o meno come adesso.

Anche allora i media erano densi di polemiche a matrice televisiva, ma l’attenzione per AGCOM era bassa.

Anche allora i prescelti indicati dai partiti in vari casi non avevano competenze specifiche. (attenzione, non sto dicendo che i commissari poi non abbiano fatto un buon lavoro o che fossero indegne. semplicemente che per vari di essi mancavano competenze specifiche).

Cosa è cambiato ? Perchè è cambiato enormemente il livello di attenzione dei cittadini ?

Osservo che nel 2005, praticamente, non c’erano i social network. La possibilità di interazione reale dei cittadini era minore di adesso; la comunicazione su internet si svolgeva perlopiù con schemi da editoria classica.

Sempre nel 2005, il numero di persone coinvolte dalla rete era minore; ora è molto più presente nella società.

Nel 2005 non era ancora così evidente che Internet (e l’ICT che la usa) fossero un fattore così rilevante di sviluppo economico e di prospettive di occupazione, soprattutto per i giovani.

Al contrario di oggi, Nel 2005 quello che si sapeva di AGCOM non era poi così tanto, al di fuori della cerchia ristretta degli addetti ai lavori.

Il calvario del regolamento di enforcement sul copyright, che è apparso fortemente polarizzato, è lì a dimostrare che il contesto è radicalmente cambiato; anche l’alta diffusione e attenzione del movimento pluri-associativo vogliamotrasparenza.it era un segnale che le cose erano diverse dal passato.

QUALCOSA CAMBIERÀ

I passati 50 anni sono stati sostanzialmente uguali a loro stessi: la TV era la TV, la radio era la radio, i giornali erano i giornali ed i telefoni erano i telefoni. Ciascuni con i propri vincoli regolamentari.

Negli ultimi 7 abbiamo assistito a qualche timido tentativo di “convergenza” che forse sarebbe meglio chiamare collisione o collasso (in senso gravitazionale) riguardante il video su Internet (e la regolamentazione europea per i servizi media audiovisivi, che a mio giudizio è buona, interprete dei tempi), e invece qualche collisione più incisiva ta telefonia fissa e telefonia wireless.

Tutti questi fenomeni fanno intersecare reti del valore che sono rimaste simili a loro stesse a lungo.

Tra 50 anni è chiaro che tutto sarà un unico ammasso globulare in cui i confini saranno totalmente sbiaditi.

Certo, per alcuni di noi ciò è già avvenuto, ma non per la massa. nel 2006 raccontavo come “guardano la TV” le mie figlie ed oggi è più diffuso; nel 2009 scrivevo della trasformazione dei contenuti in quelli che chiamavo mediagrammi (che impone revisione di sistemi e modalità distributive) e nell’ultimo anno ho cercato di costruirne le basi al Sole; cose che riguardano oggi qualche percento della popolazione.

I prossimi 7 anni sono quelli in cui per tutti si realizzerà il futuro che è già qui per alcuni di noi (Gibson), in cui i confini spariranno e con essi le barriere che proteggono industrie e mercati.

INTERNET È IL PRINCIPALE AGENTE DI TRASFORMAZIONE

Internet non è virtuale (cioè in potenza). E’ molto reale, anche se immateriale (i soldi sul nostro conto corrente sono reali, non virtuali, anche se immateriali)

Internet non è solo comunicazione, è il backbone della produzione, la base della commercializzazione, l’ambiente di relazioni personali e sociali. E’ una dimensione dell’esistenza ed è sempre di più l’interfaccia utente del mondo materiale. (come compri oggi un volo, un albergo o un libro ?)

E nei prossimi 7 anni il mondo sarà molto diverso da come è adesso.

I tablet, che sono nati solo 2 anni fa, sono in mano a qualche percento di popolazione. Tra 7 anni saranno ubiqui; e saranno molto diffusi anche dispositivi nuovi, che oggi non immaginiamo, che fanno funzioni che oggi non prevediamo e che interagiscono con oggetti che oggi non esistono.

Come emergeremo dai prossimi 7 anni dipenderà molto dalla nostra capacità di immaginare il futuro e di regolamentare di conseguenza.

Perchè se pensiamo che il bicchiere dovrà per forza essere mezzo vuoto, potremmo invocare protezionismi digitali con tasse e gabelle e frontiere artificiali a tutela dell’esistente, del bel vecchio tempo andato.

Ma così facendo diminuiremo ulteriormente l’attrattività per quei giovani che, superate le barriere linguistiche e familiari come fattore di lockin, accetteranno l’offerta di residenza di altri paesi (tanto, con internet, ovunque tu sia, hai tutto, sempre (non come quando io stavo in sudamerica che i giornali dall’italia li ricevevi una volta ogni tanto, quando arrivava qualche raro viaggiatore, cibo, libri, abbigliamento, ecc. era tutto strettamente locale).

Oppure possiamo pensare che anche in Italia può nascere un ambiente che può attrarre capitali, stimolare l’inventiva e diventare fertile per nuove iniziative e suggerire come ridurre assimetrie regolamentari o stimoli per il nuovo.

In ogni caso, i prossimi 7 anni saranno importantissimi.

IL RUOLO DI AGCOM

AGCOM non è un organo di governo, non è un parlamento che fa le leggi. Il Prof. Rossi ammoniva giustamente se una autorità diventa un “leviatano amministrativo dalla scarsa legittimazione democratica”

Una autorità come AGCOM deve decidere in modo rigorosamente aderente alle leggi

Ma con i regolamenti che predispone laddove le leggi lo stabiliscano, con la sua facoltà di fare segnalazioni al Parlamento e con il suo strumento di consultazioni pubbliche, con gli studi che potrebbe fare e mettere a disposizione di cittadini ed imprese, a mio avviso, potrebbe essere in grado di trasmettere una visione del futuro.

Ho avuto molte occasioni di interlocuzione con molti commissari precedenti e devo dire che non ho riscontrato diffusamente una analoga sensibilità.

Beninteso, non è che sia obbligatoria e che avere una visione diversa sia sbagliato. Io resto della mia e loro restano della loro. E tutto sommato, nel mandato precedente, in cui, come dicevo, le cose sono state tutto sommato abbastanza simili a come lo sono state per decenni, forse farne a meno era anche non particolarmente negativo.

Credo che nei prossimi anni potrebbe essere stato utile integrare le competenze di AGCOM con una esperienza come la mia che ha riguardato molti ambiti, da free lance a startupper a manager, con il comun denominatore dell’innovazione tecnologica: software house, tlc, internet (inteso come fili), outsourcing, web, editoria, venture capital, finanza.

Sia beninteso, non sono certo l’unico con esperienze simili nè il più qualificato in nessuno di questi ambiti. Per riprendere una analogia che ho fatto nelle scorse settimane, non sono il miglior pilota, ma c’è una ambulanza da guidare, so farlo, potrei dare una mano.

(continua a leggere sul blog di Stefano Quintarelli)