La Siria e i bambini
Un rapporto dell'ONU denuncia e racconta torture, uccisioni indiscriminate, violenze sessuali e l'uso come scudi umani
Lunedì le Nazioni Unite hanno diffuso l’annuale rapporto sulla situazione dei bambini nei conflitti armati. Il rapporto, relativo al 2011, elenca 52 paesi accusati di uccidere, ferire, molestare sessualmente o reclutare militarmente i bambini, e per la prima volta include l’esercito siriano e le milizie Shabiha, fedeli al governo di Bashar al-Assad.
Radhika Coomaraswamy, il rappresentante speciale dell’ONU per i bambini nei conflitti armati, ha detto alla BBC che i racconti provenienti dalla Siria sul trattamento dei bambini sono “orrendi” e dice di non aver mai visto una simile situazione di tale crudeltà nei confronti dei minori: non solo non sono stati risparmiati dall’esercito ma sono stati anzi presi volontariamente di mira. L’ONU ha raccolto infatti numerose testimonianze che accusano i soldati siriani di aver massacrato e mutilato bambini dai nove anni in su, di averli imprigionati e torturati e anche usati come scudi umani, per esempio facendoli salire sui carri armati per fermare l’attacco armato degli oppositori e penetrare facilmente nelle città ribelli.
L’ONU ha scoperto che anche l’Esercito di liberazione siriano, che riunisce le forze dell’opposizione, si serve di bambini per lavori di servizio o aiuti medici in prima linea. «Siamo piuttosto scioccati», ha ribadito Coomaraswamy. «L’uccisione e il ferimento di bambini durante gli scontri armati avviene in molti conflitti, ma la tortura di bambini in prigione, bambini di dieci anni, è qualcosa di straordinario, che non abbiamo visto prima in altri posti».
(Fotografie da Homs, case distrutte, strade deserte, fori di proiettili sui muri e ospedali improvvisati)
Una delle testimonianze riportate dal rapporto racconta che il 9 marzo 2012 durante un attacco al villaggio di Ayn l’Arouz, nella provincia di Idlib, i soldati hanno prelevato dalle loro case decine di bambini e bambine tra gli otto e i tredici anni e li hanno usati come scudi umani: «li mettevano davanti ai finestrini degli autobus che trasportavano soldati per entrare facilmente nel villaggio». L’ONU ha raccolto anche decine di testimonianze di bambini dai 14 anni in su incarcerati e torturati. Molti bambini hanno detto di essere stati picchiati, obbligati a restare fermi in posizioni scomode, frustrati con cavi elettrici, bruciati con le sigarette; un ragazzino è stato sottoposto a scosse elettriche ai genitali. Un testimone ha raccontato di aver visto un ragazzino di circa 15 anni morire di botte. Un altro ragazzino di 15 anni, picchiato più volte con cavi elettrici durante un interrogatorio, ha raccontato che almeno altri venti bambini della sua età o più giovani erano imprigionati insieme a lui.
(Il massacro di al-Qubayr in Siria)
Coomaraswamy ha anche spiegato che nel 2011 la situazione dei bambini in alcuni paesi, come la Libia e la Siria, è peggiorata a causa dello scoppio di rivolte e conflitti ma è migliorata in altre zone, come in Sri Lanka e in Nepal, dove il governo sta combattendo il reclutamento di bambini soldato. I paesi considerati recidivi per il loro maltrattamento dei bambini e inseriti nel rapporto dell’ONU da almeno cinque anni sono 32. Il rapporto riporta le stime di tre ospedali di Mogadiscio, la capitale della Somalia: nel 2011 sono morti 7.799 bambini a causa del conflitto con i terroristi islamici di al-Shabaab, che nello stesso anno ha reclutato 948 bambini soldato. In Afghanistan 1.325 bambini sono stati uccisi o feriti, il 30 per cento in attentati terroristici, e 316 minori sono stati reclutati per combattere, per lo più dai talebani. Sempre in Afghanistan undici bambini, tra cui una di otto anni, sono morti mentre realizzavano un attentato suicida: alcuni di loro non erano consapevoli di indossare ordigni esplosivi. In Iraq 146 bambini sono stati uccisi e 265 feriti, durante scontri o attentati con Al Qaida o dal gruppo terroristico sunnita Stato islamico dell’Iraq.
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Foto: Bambini siriani si nascondono dietro sacchi di sabbia a Rastan, vicino a Homs, marzo 2012 (STR/AFP/Getty Images)