Terremoti, previsioni e prevenzione
Secondo Pierluigi Battista l'"irrazionale credenza" sulla previsione dei terremoti è "aiutata dalle iniziative giudiziarie e alimentata dall'allarmismo mediatico"
Pierluigi Battista sul Corriere della Sera spiega da dove vengono, secondo lui, certe valutazioni sui terremoti particolarmente allarmistiche. E come queste possano nuocere, invece che giovare, alla prevenzione delle conseguenze dei terremoti.
Se qualcuno viene inquisito all’Aquila per non aver previsto il terremoto, è naturale che l’applicazione letterale del principio di precauzione imponga alle commissioni di studio di affermare che, certo, non possono escludersi le più squassanti catastrofi nelle zone dell’Emilia già così crudelmente colpite dal sisma. I sondaci del Ferrarese non devono prendersela con un eccesso di allarmismo, è solo legittima autodifesa di chi non vuol vedersi recapitare un avviso di garanzia per aver sottovalutato un pericolo. Devono prendersela piuttosto con chi ogni volta straparla di «previsioni inascoltate», di «allarmi sottovalutati», di «tragedie annunciate», con tutto quell’armamentario retorico che distrugge l’unica certezza in grado di accomunare l’intera comunità scientifica dei sismologi e dei geologi di tutto il mondo: i terremoti non possono essere previsti.
Si possono individuare le zone sismiche, quello sì. Dicono saggiamente di mettere a norma le case, gli edifici, i monumenti, certo. In Giappone un terremoto di imponenza imparagonabilmente superiore a quello emiliano ha provocato poche vittime (a differenza dello tsunami) perché palazzi e grattacieli sono costruiti per resistere agli scossoni più devastanti. A Los Angeles, zona sismica per eccellenza, si attende con trepidazioni il «Big One», ma le costruzioni rispondono ai requisiti la cui osservanza può impedire stragi e distruzioni ancora più gravi.
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