La musica pop è sempre più triste
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La rivista scientifica Psychology of Aesthetics, Creativity and the Arts, edita dall’American psychological associaton (la più importante organizzazione professionale degli psicologi americani) ha pubblicato i risultati di una ricerca secondo cui negli ultimi cinquant’anni la musica pop è diventata più lenta, triste e sofisticata.
La ricerca è stata condotta dallo psicologo E. Glenn Schellenberg e dal sociologo Christian von Scheve, che hanno analizzato più di mille canzoni tra quelle di maggior successo dalla metà degli anni Sessanta agli anni Duemila. In particolare si sono concentrati sui pezzi della Top 40 (quella della rivista Billboard) degli anni 1965-69, 1975-79, 1985-89, 1995-99, e 2005-09. Il ritmo delle canzoni è stato misurato per battiti al minuto e la loro tonalità è stata determinata da musicisti. Nei casi in cui una canzone presentasse sia il modo minore che maggiore la canzone è stata classificata in base alla tonalità predominante.
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I due studiosi hanno scoperto che non solo «i testi dei maggiori successi pop sono diventati sempre più negativi e concentrati sull’io ma che anche la musica ha acquistato un suono sempre più triste e con maggiori sfumature emotive». Nel tempo la durata delle canzoni è aumentata e le canzoni in tonalità minore – associata anche dai bambini a sentimenti di tristezza e disperazione – sono raddoppiate: nella seconda metà degli anni Sessanta, le canzoni in tonalità maggiore – associata a buon umore e allegria – erano l’85 per cento delle canzoni ai primi posti in classifica, mentre nella seconda metà dei Duemila erano il 43,5 per cento.
Anche il ritmo delle canzoni è diminuito negli anni. Schellenberg e von Scheve spiegano che «in termini assoluti, i ritmi più lenti risalgono agli anni Novanta: potrebbe essere quindi iniziata un’inversione di tendenza». Il rallentamento di ritmo è più marcato nelle canzoni in tonalità maggiore, cosa che indica «una generale diminuzione di canzoni univocamente allegre e un aumento di canzoni con stati emotivi variabili e che mescolano momenti di allegria a tristezza». I dati della ricerca mostrano anche un aumento delle artiste donne ai primi posti in classifica: il momento massimo si registra negli anni Novanta, seguito da una calo negli anni Duemila.
Secondo i due studiosi «queste scoperte hanno impressionanti similitudini con l’evoluzione della musica classica dal 1600 al 1900. Nel XVII e XVIII secolo i brani tendevano a essere univocamente tristi o felici. Nel 1800 e soprattutto durante il Romanticismo il ritmo e la tonalità entrarono in conflitto» e i compositori potevano esprimere una vastità di emozioni contrastanti in una singola opera. «La musica pop dal 1965 al 2009 mostra la stessa tendenza in una scala di tempo molto minore. La musica pop caratterizzata da una mescolanza di stati emotivi è sempre esistita ma ora l’integrità artistica e il successo commerciale non sono più in conflitto e rock band di alta qualità artistica come i Radiohead hanno miriadi di fan».
Foto: Thom Yorke dei Radiohead, Jersey City, New Jersey, 2008 (AP Photo/Jason DeCrow)