Gli ultimi 56 giorni di Borsellino: 5 giugno 1992
Dal libro di Enrico Deaglio, la cronologia degli avvenimenti tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio
Il nuovo libro di Enrico Deaglio – “Il vile agguato“ (Feltrinelli) – è dedicato alle indagini sulla strage di via D’Amelio a Palermo in cui fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino assieme a cinque agenti della sua scorta, il 19 luglio 1992. Il libro si conclude con una “succinta cronologia degli ultimi cinquantasei giorni di vita di Paolo Borsellino, compresi avvenimenti che avevano a che fare con lui, ma di cui non era a conoscenza”. Il Post pubblicherà in sequenza, assieme al secondo capitolo del libro, la successione di quegli eventi, a vent’anni di distanza.
Venerdì 5 giugno
Il procuratore aggiunto Paolo Borsellino partecipa a una cena organizzata dai carabinieri di Palermo in un ristorante di Terrasini, alle porte della città.
Vent’anni dopo, quella cena diventerà importante. Molti dei carabinieri che vi parteciparono hanno avuto storie tragiche. Il maresciallo Antonio Lombardo, suicida nella caserma di Terrasini; il tenente Carmelo Canale (cognato di Lombardo, e principale collaboratore di Borsellino) imputato (e assolto) di essere colluso con la mafia; il maggiore Mario Obinu imputato con il generale Mori di collusione con la mafia. La versione che della cena ha dato nel 2011 l’allora maggiore Umberto Sinico, presente, è che questa fu della massima cordialità e che Borsellino alzò il calice per dire: “Brindo agli onesti” (a dimostrazione che il giudice non aveva nessun dubbio sulla lealtà dell’Arma).
Antonio Ingroia, allora giovane sostituto procuratore e oggi procuratore aggiunto, anche lui presente alla cena, ha un altro ricordo: “Terminiamo di cenare, e il proprietario del locale si avvicina a Paolo, gli sussurra in un orecchio che il cuoco vorrebbe conoscerlo, nulla di più. Paolo mi sembra imbarazzato dalla insolita richiesta, ma dice di sì. Si alza, va incontro al cuoco, un uomo anziano, dal viso buono. Appena gli stringe la mano, questi si mette a piangere come un bambino. Paolo resta pietrificato per pochi secondi. Poi, commosso, lo abbraccia. I due escono dal ristorante, cominciano a passeggiare parlando fitto fitto, come vecchi amici, in palermitano stretto. ‘Sai Antonio,’ mi racconta in auto mentre rientriamo a Palermo, ‘stavo per mettermi a piangere anch’io. Ha voluto dirmi che i palermitani onesti, i padri di famiglia, sono al nostro fianco.’ Quella cena con i carabinieri, Borsellino la ricorderà per sempre. La chiamerà ‘la cena degli onesti’”.