La crisi di Cipro
Il paese rischia di essere il quarto dell'eurozona a chiedere un prestito a FMI e BCE: per ora si è rivolto a Cina e Russia
Nell’eurozona, dopo Irlanda, Portogallo e Grecia, anche Cipro sembra sul punto di chiedere aiuto alla comunità internazionale. Secondo l’ex presidente George Vasiliou “non c’è tempo da perdere”, perché altrimenti il paese potrebbe subire gravi conseguenze economiche e finanziarie. Come scrive il Wall Street Journal, il problema principale di Cipro è la forte esposizione che le sue tre principali banche – Banca di Cipro, Banca Popolare di Cipro e Banca Ellenica – hanno nei confronti della Grecia.
Dopo la ristrutturazione del debito greco, le banche e i creditori privati hanno perso circa l’80 per cento del valore dei loro crediti e questo ha creato grandi problemi, soprattutto per Cipro. Qualora la Grecia dovesse uscire dall’euro, secondo diversi analisti, l’intero sistema bancario di Cipro potrebbe collassare, con gravissime conseguenze per l’economia del paese.
Cipro ha due strade davanti a sé: tentare di risanare il suo debito da sola oppure chiedere aiuto alla comunità internazionale. Questa sarà l’ultima soluzione che il governo prenderà in considerazione, viste le misure di austerità che verrebbero imposte al paese in cambio di un prestito di Fondo Monetario Internazionale (FMI) e Banca Centrale Europea. Il problema è che, anche se la Grecia dovesse rimanere nell’euro, la crisi economica di Cipro resterebbe comunque grave.
Secondo il governo, l’economia cipriota crescerà nel 2012 solo dello 0,8 per cento, ma l’FMI è ben più pessimista, e cioè che si contrarrà dell’1,2 per cento. Il debito privato, come si vede dalla tabella di fianco, è in forte crescita. I tassi di interesse dei titoli di stato sono saliti notevolmente negli ultimi tempi (quelli dei bond a 10 anni sono addirittura al 14 per cento) e le banche stanno già cedendo: recentemente il Parlamento ha approvato il salvataggio proprio della Banca Popolare di Cipro, che nella ristrutturazione del debito greco ha perso circa 2 miliardi di euro. Questo bailout costerà al paese circa il 10 per cento del suo PIL.
Inoltre, il pieno sfruttamento delle nuove riserve di gas scoperte recentemente non comincerà prima di qualche anno. Senza contare che in aprile la fiducia dei consumatori ciprioti è scesa del 13 per cento rispetto al mese precedente, mentre la disoccupazione è sempre più vicina alla soglia record del 9 per cento. Tra l’altro, la crisi di Cipro è dovuta anche a un’esplosione in una base navale avvenuta lo scorso luglio che, oltre ad aver provocato molti morti, ha dimezzato la produzione di energia dell’isola.
Dunque, per evitare di chiedere aiuto alla comunità internazionale, il governo cipriota dovrebbe presto approvare nuovi tagli (ma non severi come quelli che imporrebbero FMI ed Europa) e chiedere un prestito bilaterale alla Cina, di cui ancora non si conoscono i dettagli. L’anno scorso Cipro, come ricorda il Wall Street Journal, aveva fatto lo stesso stipulando con la Russia un altro prestito bilaterale, nella circostanza pari a circa 2,5 miliardi di euro.
Nella foto: Nicosia, Cipro (AP/Petros Karadjias)