Le macchinette e gli scontrini
Perché i distributori di merendine non emettono lo scontrino fiscale, e cosa c'entra questo con la crisi economica, spiegato da Lorenzo Salvia sul Corriere
Un articolo di Lorenzo Salvia sul Corriere di oggi spiega perché le macchinette distributrici del caffè o delle merendine non emettono lo scontrino fiscale: vennero esentate nel 1997, quando venne introdotto l’obbligo di scontrino o ricevuta, ma nei giorni scorsi un ex dirigente dell’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che la questione andrebbe presa nuovamente in considerazione, elaborando sistemi più efficaci degli attuali di controllo degli incassi.
Uno chiede lo scontrino al bar, la ricevuta al ristorante. Magari si fa dare pure la fattura dall’idraulico, sprezzante del pericolo e anche dell’aumento. Ma non è che poi il suo contributo all’evasione fiscale lo dà ogni mattina, mentre gira lo zucchero nel bicchierino di plastica e si concede due pettegolezzi con i colleghi in corridoio? Caffè, cracker, biscottini, per i più fortunati lo yogurt che almeno non ingrassi o addirittura la frutta. Quello delle macchinette automatiche è un settore che rema controcorrente nel fiume difficile della crisi. Tra uffici, scuole, ospedali, stazioni e altre location , i distributori self service hanno superato in Italia i 2 milioni e mezzo, uno ogni 25 abitanti. Nell’ultimo anno il giro d’affari è salito a 2,6 miliardi, lo stesso di Facebook per farsi un’idea. E guardando al 2010 si registra un’invidiabile +2,2 per cento. Forse è proprio la crisi ad aiutare, perché i prezzi delle macchinette sono più bassi rispetto a una colazione al bar. Resta un’ombra, però.
Il vending, i tecnici lo chiamano così, è uno dei pochi settori del commercio dove non c’è l’obbligo dello scontrino. Non l’unico, certo, pensate alle edicole. Ma in un momento in cui il Fisco cerca persino i centesimi per far quadrare i conti, ecco che si torna a parlare di loro, delle macchinette, di quei 2 miliardi e passa pagati senza scontrino. Insomma, del rischio evasione in pausa caffè. La questione l’ha sollevata Oreste Saccone, a lungo direttore centrale aggiunto all’Agenzia delle Entrate e adesso componente del comitato direttivo di Lef, l’Associazione per la legalità e l’equità fiscale.
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