«Un vuoto inaccettabile»
Gian Antonio Stella racconta come sui terremoti in Italia si siano snobbati per anni rischi e norme, persino aggiornando le mappe di sisma in sisma
Sul Corriere della Sera di oggi, Gian Antonio Stella fa una rassegna storica del modo con cui l’Italia ha reagito alle catastrofi naturali, in passato: a suo parere investendo poco e male nella prevenzione, non rendendo le norme sulla sicurezza più stringenti e vincolanti, non imparando dai propri errori.
«Avvezza la popolazione di Reggio e della provincia alle scosse di tremuoti, sembra ad ognuno che avrebbe dovuto pensare ad un modo onde formare le case in guisa che le parti avessero la massima coesione e il minimo peso. Or qui si vedeva precisamente il contrario…». Sono trascorsi oltre due secoli da quel 1783 in cui la Commissione Accademica napoletana stese quel rapporto denunciando che in Calabria, nonostante tanti terremoti, si continuava a costruire senza alcun criterio. E altri due secoli erano già passati allora dalla catastrofe di Ferrara del 1570-1574 e dal progetto della prima casa antisismica disegnato da Pirro Ligorio. Eppure, gran parte delle polemiche di oggi ruota intorno alla scelta di non cancellare la cerimonia del 2 Giugno, scelta difesa da Giorgio Napolitano con una motivazione sensata: «Non possiamo piangerci addosso, dobbiamo dare messaggi di fiducia».
Ogni dissenso, si capisce, è legittimo. Ma l’esaltazione online di Arnaldo Forlani, benedetto per avere lui sì sospeso la celebrazione dopo il terremoto in Friuli, è così pelosa e strumentale da gettare un’ombra perfino sulle migliori buone intenzioni. E rischia di fare chiasso mettendo in secondo piano il tema vero: non ne possiamo più di piangere i lutti causati da «fatalità» talvolta imprevedibili (non sempre: talvolta), ma i cui danni vengono moltiplicati da un vuoto inaccettabile nella cultura della prevenzione. Che dei ladri possano rubare un chilometro di fili di rame isolando l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia nei giorni della crisi sismica in Emilia manda il sangue alla testa. Ma lì siamo nell’ambito della criminalità più stolta.
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foto: Roberto Serra/Iguana Press/Getty Images