La sentenza su Unipol e BNL
L'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio e altri 12 imputati, tra cui Stefano Ricucci e Danilo Coppola, sono stati assolti in appello per la tentata scalata bancaria del 2005
di Davide Illarietti
L’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio è stato assolto dall’accusa di aggiotaggio nel processo in appello sulla tentata scalata da parte di Unipol alla banca BNL nel 2005.
I giudici della V sezione della corte d’appello di Milano hanno assolto con formula piena, in tutto, 13 imputati protagonisti della storia giornalisticamente nota come dei “furbetti del quartierino”: tra questi, Stefano Ricucci e Danilo Coppola, l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e Carlo Cimbri, oggi amministratore delegato e allora direttore generale di Unipol, grande gruppo assicurativo e finanziario con sede a Bologna.
Due imputati sono stati invece condannati: un anno e 7 mesi per Giovanni Consorte, ex presidente di Unipol (condannato a 3 anni e 10 mesi in primo grado, a ottobre scorso) e un anno e 7 mesi per il suo vice, Ivano Sacchetti (3 anni e 7 mesi in primo grado). Decaduta, per tutti gli imputati (oltre ai suddetti, anche Vito Bonsignore, i fratelli Ettore e Tiberio Lonati, Giuseppe Statuto, Bruno Leoni ed Emilio Gnutti) l’accusa di aggiotaggio.
L’accusa, per la quale il sostituto procuratore Felice Isnardi aveva chiesto la conferma di tutte le condanne per un totale di 46 anni di reclusione, si riferiva all’Offerta Pubblica d’Acquisto di Unipol su BNL nel 2005, nell’estate del cosiddetto “risiko bancario”: quando l’allora capo di Unipol Giovanni Consorte insieme agli immobiliaristi Coppola e Ricucci si lanciarono in una serie di acquisti arditi (tra gli obiettivi, oltre alla BNL, il Corriere della Sera e la banca Antonveneta).
L’indagine diventò pubblica il 15 dicembre 2005, quando Giovanni Consorte risultò indagato dalla procura di Roma per irregolarità nella scalata a BNL, e il giorno seguente si venne a sapere che sul registro degli indagati era finito anche l’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Entrambi si dimisero, il 10 gennaio 2006 Banca d’Italia bloccò l’OPA.
L’inchiesta milanese, partita il 19 dicembre 2007, portò ad un avviso a comparire per Fazio perché l’ex governatore e il suo allora capo della vigilanza, Francesco Frasca (poi assolto in primo grado) furono accusati di avere «in violazione dei doveri d’ufficio istigato, promosso e assecondato la condotta» degli ex vertici di Unipol e dell’ex ad di BPI, Giampiero Fiorani, nella scalata parallela ad Antonveneta. In pratica, l’accusa nei confronti di Fazio e Frasca era di aver favorito impropriamente Unipol di Consorte e la BPI di Fiorani nelle procedure di autorizzazione che doveva rilasciare la Banca d’Italia, avvantaggiandoli rispetto ad altri concorrenti che erano interessati ad acquistare Antonveneta e BNL (rispettivamente l’olandese ABN Amro e la spagnola BBVA).
Secondo la sentenza di oggi, però, non ci fu nessun accordo segreto tra i contropartisti e Unipol per “ritoccare” i prezzi sul mercato del titolo BNL e avvantaggiare Consorte e la “italianità della banca”, a scapito del concorrente spagnolo Banco Bilbao Vizcaya Argentari. A quest’ultimo – parte civile nel processo – il collegio giudicante, presieduto da Flavio Lapertosa, ha revocato il risarcimento di 15 milioni di euro disposto in primo grado. Mentre Unipol, che in primo grado era stata condannata a pagare una multa di 720 mila euro, ha visto la sua condanna ridotta al pagamento di 420 mila euro.
Rimangono i reati di ostacolo alla vigilanza della CONSOB, l’autorità incaricata di vigilare sulle operazioni della Borsa italiana, e insider trading informativo: le notizie passate “sottobanco” da Consorte e Sacchetti a Nicola Latorre, all’epoca senatore DS, e a Piero Fassino. Si tratta della famosa intercettazione telefonica in cui Fassino chiedeva a Consorte: “Allora, abbiamo una banca?”, finita poi sulle pagine del Giornale. «L’Italia ha perso una banca» è la risposta, a 7 anni di distanza, degli avvocati Marco Deluca, Giovanni Maria Dedola e Guido Alleva, difensori di Gnutti, Bper e Caltagirone: «Se non ci fosse stato un intervento così pesante da parte dei magistrati – hanno aggiunto dopo la sentenza – le cose sarebbero andate diversamente per BNL», che dal 2006 fa parte del grande gruppo bancario francese BNP Paribas.
foto: AP Photo/Renato Ferrini