Cosa fu l’eccidio di Porzûs
Ieri Napolitano è andato in Friuli e ha ricordato un episodio quasi dimenticato della Resistenza, quando un gruppo di partigiani uccise un altro gruppo di partigiani
Ieri e oggi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è in visita in Friuli-Venezia Giulia. Il quotidiano locale Il Messaggero Veneto titolava ieri “Porzûs, la riconciliazione”, riferendosi al fatto che una delle tappe del viaggio di Napolitano è stata nei luoghi dove è avvenuto uno degli episodi più controversi della Resistenza, l’uccisione di un gruppo di partigiani della Brigata Osoppo da parte di un gruppo di partigiani del partito comunista, nel febbraio del 1945.
Il cosiddetto “eccidio di Porzûs” ha una storia complicata e diversi punti poco chiari. A pochi chilometri dal confine con la Slovenia, in provincia di Udine, ci sono alcune zone che da molti secoli hanno una forte presenza slava, la cosiddetta “Slavia veneta”. Durante le ultime fasi della Seconda guerra mondiale, nella zona c’erano gruppi armati formati da persone di etnia slovena, in collegamento con i partigiani di Tito, che avevano formato un esercito ben strutturato per la liberazione della futura Jugoslavia. Tito aveva fatto capire chiaramente, e da diversi mesi, di considerare la zona parte della Jugoslavia.
In Friuli, oltre ai partigiani slavi, c’erano poi i gruppi formati dagli italiani: quelli comunisti, che come nel resto del nord Italia facevano parte delle Brigate Garibaldi, e quelli di altri orientamenti politici, in particolare cattolici e liberali politicamente vicini al Partito d’Azione, delle brigate “Osoppo” (il nome viene da una località friulana in cui, durante il Risorgimento, vennero combattuti gli austriaci) fondate all’inizio del 1943 da alcuni sacerdoti.
Le Brigate Garibaldi, alla fine del 1944, avevano accettato – dietro esplicito ordine di Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano – di obbedire agli ordini dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, nell’ottica di consegnare la piccola area della Slavia veneta al confine con la Slovenia al nuovo stato che sarebbe stato formato da Tito dopo la guerra. Le Brigate Osoppo, invece, erano fermamente contrarie a un’alleanza simile: la contrapposizione tra cattolici, liberali, monarchici e comunisti era molto decisa e portò rapidamente a una spaccatura insanabile. La sede locale del Comitato di Liberazione Nazionale, a Udine, da cui dipendevano sia la Osoppo che la Garibaldi, provò a mediare senza successo, in un clima che diventava sempre più difficile, con reciproche accuse di delazione e di collaborazionismo con i tedeschi.
In questa atmosfera, il 7 febbraio del 1945 un gruppo di partigiani comunisti dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), formato da un centinaio di persone, arrivò ad alcune malghe di montagna in una località che, subito dopo la guerra, venne chiamata Porzûs dal nome del paesino vicino in cui abitava il loro proprietario. Le malghe si trovavano in provincia di Udine, nel comune di Faedis, e il gruppo si era spostato lì per ordine della federazione del Partito comunista di Udine. Il comandante era Mario Toffanin detto “Giacca”, allora 32enne, ex operaio iscritto al PCI dal 1933 e in stretti rapporti con i comunisti jugoslavi.
Il gruppo di case era sede di un comando locale delle Brigate Osoppo e da diverso tempo era anche il luogo dove veniva tenuta prigioniera una ragazza accusata di essere collaborazionista dei tedeschi (giudicata innocente in un “processo” pochi giorni prima): il dettaglio è importante, perché in alcune delle ricostruzioni successive dell’episodio questo fatto venne portato dai comunisti a motivo scatenante della loro azione. Nelle case, comunque, si trovavano poche persone: molti erano tornati a casa per la licenza invernale (le operazioni militari dei partigiani erano quasi sospese fino alla primavera).
I partigiani comunisti si presentarono a gruppi, dividendosi e dicendo di essere combattenti sbandati o appartenenti a altre unità della Osoppo: la situazione si fece piuttosto confusa e Toffanin ne approfittò per prendere il controllo delle malghe, far arrivare da una località vicina il comandante della Osoppo locale – Francesco De Gregori, omonimo zio del cantautore, nome di battaglia “Bolla” e deciso anticomunista – e arrestare tutti i partigiani osovani. De Gregori venne ucciso quasi subito insieme ad alcuni altri, tra cui la sospetta collaborazionista, Elda Turchetti. Gli altri catturati nell’azione, esclusi tre che riuscirono a fuggire o si arruolarono nei GAP, vennero uccisi nei giorni successivi, dopo una serie di “processi”. Molti di loro vennero spostati dalle malghe, tenuti prigionieri in altre località della zona per qualche giorno e uccisi, tra il 10 e il 18 febbraio.
Vennero uccise in tutto diciotto persone (anche se il corpo di una non venne mai ritrovato e un altro riuscì forse a fuggire). Tra i partigiani uccisi c’era anche Guido Pasolini, fratello minore dello scrittore e regista Pierpaolo: l’uccisione del fratello, a cui era molto legato, venne ricordata o allusa in molte opere successive da Pasolini, in particolare nelle poesie scritte in quegli anni in dialetto friulano e in italiano.
Dopo la guerra vennero fatti diversi processi per chiarire l’accaduto e le responsabilità della strage, che per alcuni anni fu uno dei tanti motivi di scontro tra comunisti e anticomunisti in Friuli – dove, a livello locale, la strage venne sempre molto ricordata e celebrata dai veterani della Osoppo – ma il resto d’Italia si dimenticò della vicenda dopo gli anni Cinquanta. Toffanin venne condannato all’ergastolo nel 1954, ma subito dopo la guerra aveva abbandonato l’Italia. Si rifugiò prima in Cecoslovacchia e poi in Slovenia. Venne condannato anche per crimini comuni commessi durante la guerra, si disse sempre convinto che i partigiani della brigata Osoppo erano dei traditori e che avevano collaborato con i soldati della Repubblica di Salò. Nonostante la grazia ricevuta da Sandro Pertini nel 1978, non tornò in Italia e morì in Slovenia nel 1999, a 86 anni.
I mandanti della strage, oltre alle chiare responsabilità di Toffanin e di alcuni partigiani al suo comando, non sono mai stati chiariti: non è mai stato precisato quale fosse l’ordine preciso al gruppo di partigiani comunisti da parte del PCI di Udine, né che cosa sapessero e che cosa avessero eventualmente ordinato i comandi sloveni, da cui dipendeva militarmente la brigata Garibaldi della zona.
Sull’eccidio di Porzûs è stato fatto anche un film intitolato Porzûs, girato da Renzo Martinelli (quello di Vajont e di Barbarossa), che ha avuto una storia particolarmente travagliata. Venne presentato al festival del cinema di Venezia nel 1997, causando moltissime polemiche. La RAI ne acquistò i diritti e non venne mai distribuito nelle sale o in home video, fino a quando, il 10 febbraio scorso, è stato mandato in onda per la prima volta da RaiMovie (canale del digitale terrestre).