Le reazioni al massacro di Hula, in Siria
Dalla comunità internazionale arrivano critiche molto dure, mentre il governo di Assad ha dato la colpa ai "terroristi"
Dopo il massacro di civili che c’è stato venerdì scorso nel villaggio di Hula, in cui sono morte almeno 85 persone inclusi 34 bambini con meno di 10 anni d’età, il governo siriano ha annunciato oggi in una conferenza stampa di non c’entrare nulla con l’episodio. Jihad Makdissi, il portavoce del ministero degli Esteri siriano, ha incolpato del massacro i “terroristi” che vorrebbero la caduta del presidente Bashar al Assad e se l’è presa anche con i media e i paesi stranieri, “colpevoli” di aver dato la colpa al governo siriano “senza avere alcuna prova”.
Difatti, molti paesi occidentali nelle ultime ore hanno rivolto dure critiche al regime di Assad, tra cui Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha detto esplicitamente che Assad se ne deve andare, mentre il segretario dell’ONU Ban Ki-moon e l’inviato speciale di Lega Araba e ONU Kofi Annan hanno dichiarato in un comunicato congiunto che l’attacco di ieri ad Hula è “una flagrante violazione della legge internazionale”. Annan ha già detto che lunedì si recherà nuovamente a Damasco (anche se oggi al suo vice è stato negato il visto). Intanto, oggi alle 18,30 a New York (mezzanotte e mezza in Italia) si riunirà il Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Clinton e l’ex segretario generale dell’ONU si riferiscono al cosiddetto piano Annan, entrato in vigore lo scorso 12 aprile per fermare la battaglia tra esercito e ribelli nel paese. Hula, fino a venerdì, era un importante centro di snodo dei ribelli siriani, praticamente in mano ai disertori dell’Esercito della Siria Libera. Secondo il piano Annan, l’esercito siriano il 14 aprile si sarebbe dovuto ritirare da tutti i centri abitati del paese, ma questo non è sempre successo. Il massacro di Hula è stato confermato anche dai circa 260 osservatori dell’ONU la cui presenza in Siria è parte del piano Annan.
C’è da dire, però, che gli stessi osservatori che hanno confermato il massacro per ora non hanno dato la colpa al governo siriano. Il generale Robert Mood, a capo della missione dell’ONU insieme alla Lega Araba, ha detto che a Hula venerdì sono stati sparati molti colpi di fucile e mortaio e sono state lanciate bombe di vario tipo, ma ha anche detto che le circostanze che “hanno portato a queste morti tragiche sono ancora poco chiare”.
L’unica cosa certa, ascoltando le varie parti, paiono essere gli scontri che ci sono stati venerdì tra esercito e ribelli fuori dalla città. Poi la battaglia si sarebbe spostata nel centro abitato. A questo punto il governo siriano dice che dei “terroristi” hanno attaccato la città, uccidendo e sgozzando molte vittime durante l’assedio. Gli attivisti, invece, dicono che è stato prima l’esercito siriano a sparare e bombardare la città, poi sarebbero entrati in azione gli shabiha, ossia le milizie, in parte mercenarie, usate nella repressione messa in atto dal regime di Assad, che in passato si sono distinte per i loro atti violenti e cruenti contro la popolazione civile. I ribelli siriani hanno anche detto di aver chiesto aiuto all’ONU, senza successo.
Oggi, intanto, almeno altre due persone sarebbero state uccise dall’esercito siriano alla periferia di Damasco durante una manifestazione di protesta per i morti di Hula. L’Osservatorio Siriano per i diritti umani, un’associazione non governativa con sede a Londra, ha dichiarato che in Siria sono morte almeno 13mila persone dall’inizio della rivolta. Sempre oggi i ministri della Lega Araba hanno fatto sapere che terranno una riunione al più presto sulla Siria, mentre il nuovo ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha detto che verrà subito convocato un nuovo incontro degli Amici della Siria, senza però Russia e Cina, che finora, per diverse questioni di interesse e di opportunità, hanno sempre appoggiato il regime di Bashar al Assad.
Nella foto: un funerale ieri alla periferia di Damasco, in Siria (AP)