Il Movimento 5 Stelle e i rimborsi elettorali
L'approvazione di un discusso emendamento fa tornare d'attualità la questione di se e come si possa rifiutare il finanziamento pubblico
Ieri la Camera ha approvato un emendamento al disegno di legge in discussione in questi giorni sulla riduzione dei rimborsi elettorali e sul controllo dei bilanci dei partiti, dopo gli ultimi scandali che hanno coinvolto l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi e quello della Lega Nord Francesco Belsito.
L’emendamento ha fatto tornare d’attualità la questione dei rimborsi elettorali e del Movimento 5 Stelle ispirato da Beppe Grillo. Il testo approvato prevede infatti che non abbiano diritto al rimborso i partiti che non abbiano uno statuto. Questo, come ha detto il deputato dell’UdC Pierluigi Mantini durante un intervento in aula, “deve essere conformato a principi democratici nella vita interna con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze, ai diritti degli iscritti”. L’emendamento è stato presentato da due deputati dell’UdC ed è stato approvato con i voti del PdL, del PD e del Terzo Polo: 342 voti favorevoli, 54 contrari e 104 astenuti.
L’approvazione dell’emendamento è stata commentata in modo molto critico dallo stesso Beppe Grillo, sul suo blog, che l’ha descritta come una manovra voluta dai partiti, e in particolare dall’UdC, per far passare come impossibile per legge il finanziamento al M5S, che invece intendeva già da prima rifiutarlo. Il Movimento 5 Stelle, infatti, non è giuridicamente inquadrato come un partito e non ha uno statuto, ovvero un atto giuridico che regoli il funzionamento e la struttura del movimento, ma un breve “non statuto” in 7 punti.
Mantini ha risposto che la norma non intende assolutamente danneggiare il M5S né che lo riguarda direttamente, ma che fa semplicemente parte del complesso di norme che vanno verso una maggiore trasparenza e una maggiore chiarezza dei bilanci dei partiti, e che vengono discusse in questi giorni insieme al dimezzamento delle cifre del rimborso.
La “rinuncia” ai rimborsi
Il 7 aprile 2012, Beppe Grillo ha scritto sul suo blog:
Non c’è bisogno di leggi popolari o di referendum e neppure di una votazione del Parlamento. Per eliminare i “rimborsi” elettorali da un miliardo di euro incassati dai partiti è sufficiente fare un assegno al Tesoro con la somma indebitamente percepita. […] Chi vuole staccare il primo assegno faccia un passo avanti, tutti gli altri mantengano un religioso silenzio. Il M5S ha rinunciato ai rimborsi elettorali di un milione e settecentomila per le elezioni regionali. E’ stato facile come bere un bicchier d’acqua. E lo stesso farà alle politiche. Il M5S rinuncerà a qualunque rimborso elettorale.
Beppe Grillo aveva già detto che i candidati alle regionali avrebbero rinunciato al finanziamento pubblico in un altro post del marzo 2010. Nel suo programma, il Movimento 5 Stelle non si occupa del finanziamento pubblico ai partiti: non dice se i partiti dovrebbero o non dovrebbero ricevere soldi pubblici e neppure con che cosa andrebbe eventualmente sostituito l’attuale meccanismo dei rimborsi (al quale comunque Grillo si è sempre detto contrario).
Le liste del M5S che sono state votate dopo il lancio del movimento nel 2009, comunque, hanno effettivamente rinunciato ai soldi pubblici. Il M5S, prima delle ultime amministrative (per cui non sono previsti rimborsi elettorali a livello nazionale), aveva eletto due consiglieri regionali in Emilia Romagna e due in Piemonte. Nella Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2010 venivano stabilite le quote di denaro assegnate a una quarantina di partiti come “rimborsi per le spese elettorali” per le elezioni regionali del 2010. In effetti, una nota ai piedi della tabella diceva che le due liste del M5S in Emilia-Romagna e in Piemonte avevano “rinunciato” al rimborso, come riporta anche il sito del M5S Emilia-Romagna e quello del M5S Piemonte. Stessa informazione nella Gazzetta Ufficiale del 28 luglio 2011, con la seconda rata da 36,4 milioni di euro complessivi.
Come si restituiscono i soldi
La legge 157 del 1999, che stabilisce le regole fondamentali ancora in vigore per il finanziamento pubblico ai partiti chiamandolo “rimborso delle spese elettorali” (è stata modificata, ma non nei meccanismi principali, nel 2002 e nel 2006), non parla esplicitamente di rinuncia ai rimborsi e non stabilisce modalità per restituire i soldi. I soldi che servono per i rimborsi elettorali nelle elezioni della Camera, nelle elezioni regionali e nelle europee, bisogna precisare, provengono dal bilancio interno della Camera dei Deputati.
All’articolo 2 si stabilisce però che “i movimenti o partiti politici che intendano usufruire dei rimborsi ne fanno richiesta, a pena di decadenza, al Presidente della Camera dei deputati o al Presidente del Senato della Repubblica, secondo le rispettive competenze, entro dieci giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle liste”.
Si potrebbe pensare che il Movimento 5 Stelle, quindi, abbia semplicemente evitato di fare domanda per avere i rimborsi: ma la stessa Gazzetta Ufficiale, nel numero già citato, distingue tra i partiti che erano “decaduti” – che quindi non avevano presentato la domanda o non avevano diritto al rimborso per qualche irregolarità – e le due liste del M5S che avevano “rinunciato”. I soldi, comunque, non sono stati restituiti con un “assegno intestato al Tesoro” come ha scritto Grillo.
Nel luglio del 2010, rispondendo a un articolo pubblicato sul Giornale, i due consiglieri regionali eletti con il M5S nell’Emilia-Romagna raccontarono che la domanda per ricevere i rimborsi era stata effettivamente fatta prima delle elezioni e che “inizialmente” si pensava di darli in beneficenza, ma che successivamente i soldi non vennero mai ritirati evitando di completare i moduli necessari:
La nostra richiesta [di ricevere i rimborsi] era a puro scopo cautelativo essendo stata spedita priva di dati di accreditamento che potessero consentire l’erogazione dei rimborsi. […] In seguito alla nostra decisione di rinunciare ai rimborsi, […] abbiamo lasciato decadere la richiesta evitandone la corretta compilazione ed invio formale con ricevuta di ritorno.
La somma di 193.258,87 € è effettivamente indicata in una delibera che assegna i fondi che, però, non sarebbero mai stati trasferibili per mancanza delle coordinate bancarie come ci ha confermato la Presidenza della Camera.
In data 23 Luglio 2010 abbiamo provveduto ad inviare un fax per ribadire la nostra intenzione di rinunciare ai rimborsi elettorali, per quest’anno e per gli anni a venire.
– I soldi che diamo ai partiti, qualche cifra sui rimborsi elettorali