Per la fecondazione eterologa resta il divieto
Lo Corte Costituzionale non ha bocciato la parte della Legge 40 che la vieta, chiedendo però ai tre tribunali di riformulare i loro ricorsi
La Corte Costituzionale non boccia la parte della Legge 40 del 2004 che vieta la fecondazione eterologa- quella con ovociti o gameti non appartenenti alla coppia – nel nostro Paese. La Consulta ha rimandato gli atti ai tribunali di Firenze, Catania e Milano – cui si erano rivolte delle coppie sterili e che avevano sollevato la questione di costituzionalità – invitandoli a considerare la nuova sentenza Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, che il 3 novembre scorso aveva, di fatto, stabilito che vietare la fecondazione eterologa nei paesi comunitari è legittimo.
La sentenza di Strasburgo si riferiva al ricorso di due coppie austriache sterili contro il divieto, stabilito dalla legge austriaca, di ricorrere a tecniche di fecondazione eterologa. Un divieto che, secondo la Corte, non viola «l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione dei diritti dell’uomo». In una prima sentenza, il primo aprile 2010, la Corte aveva dato ragione alle due coppie, per le quali l’unico modo per avere un figlio è il ricorso alla fecondazione eterologa in vitro, ma il governo austriaco, sostenuto da quello italiano e quello tedesco, aveva chiesto una revisione del caso davanti alla Grande camera. A novembre la Corte ha ribaltato il proprio giudizio, sottolineando che, viste le questioni etiche sollevate ma anche la rapidità dei progressi medici, ogni paese ha un ampio margine di manovra nel normare questa materia, e quindi la legge austriaca non lede di per sè i diritti delle due coppie.