La fine dell’euro in 4 mosse
Paul Krugman spiega in pochi semplicissimi passaggi perché siamo spacciati, e cosa dovremmo fare prima che sia troppo tardi
L’economista statunitense Paul Krugman, premio Nobel ed editorialista del New York Times, ha raggiunto probabilmente il punto di maggior pessimismo nella sua analisi dei problemi dell’euro e dell’Europa. Krugman scrive da molti mesi che le istituzioni europee hanno sbagliato completamente il loro approccio nei confronti della crisi, scegliendo di tagliare quando bisognava investire e quindi condannandosi con le loro mani. In un breve post sul suo blog intitolato “Eurodämmerung”, dämmerung è una parola tedesca che vuol dire “crepuscolo”, Krugman spiega perché nel giro di “pochi mesi” le cose in Europa potrebbero precipitare.
Il post si apre con il video di una scena del Crepuscolo degli dei, la quarta e ultima delle opere liriche che costituiscono “L’anello del Nibelungo” di Richard Wagner. E questa è la parte meno inquietante del post, che è breve e strutturato in punti. Primo punto.
1. La Grecia esce dall’euro, probabilmente già il mese prossimo.
Krugman allude alla possibilità, ormai quasi certa, che in Grecia si vada a nuove elezioni il mese prossimo, e che le forze che si oppongono alle misure di austerità e alle istituzioni europee conquistino ancora più seggi di prima: stando ai sondaggi, se si votasse adesso l’estrema sinistra di SYRIZA sarebbe il primo partito greco. Il parlamento frutto del nuovo voto avrebbe probabilmente una maggioranza di forze intenzionate a rinegoziare gli accordi con l’Europa o direttamente uscire dall’euro (o dall’Unione Europea tout court). Secondo punto.
2. Prelevamenti di massa nelle banche spagnole e italiane, correntisti che cercano di trasferire i loro soldi in Germania.
Il caos generato da una decisione del genere avrebbe ripercussioni oltre i confini della Grecia. Molti cittadini, nel timore di perdere il loro denaro depositato in banca, cercherebbero di prelevarlo in contanti o trasferirlo, sottoponendo istituti di credito già in crisi di liquidità a sforzi pesantissimi, forse insopportabili. E creando anche tensioni sociali non indifferenti, file davanti agli sportelli, nervosismo e violenze. Uno scenario terrificante, e per questo Krugman ipotizza due rimedi. Terzo punto.
3a. Forse verrebbero introdotti dei controlli e dei limiti ai trasferimenti di denaro all’estero e ai prelievi di contanti.
Funzionerebbe per tenere in piedi le banche, non molto per rendere sostenibile le tensioni che sorgerebbero quando un correntista si rendesse conto di non poter fare quel che vuole dei suoi soldi. Per questo Krugman individua un secondo possibile intervento.
3b. In alternativa, oppure contemporaneamente, la Banca Centrale Europea inizierebbe a fare grossi prestiti alle banche per evitare il loro collasso.
Non è una cosa così diversa da quanto accaduto nei mesi scorsi, ma stavolta il principale obiettivo sarebbe evitare il fallimento delle banche – e quel che ne conseguirebbe – e non finanziare il debito dei paesi europei a tassi sopportabili. Da quel momento in poi, comunque, le cose che potrebbero succedere sono due. Quarto punto.
4a. La Germania ha una scelta. Accettare che Italia e Spagna ricevano grandi quantità di denaro in prestito dalla BCE. Cambiare drasticamente approccio: per dare a questi paesi una speranza, soprattutto alla Spagna, è necessario garantire loro la possibilità di finanziarsi con bassi tassi di interesse e avere un tasso di inflazione più alto per aggiustare i prezzi. Oppure…
Krugman fa riferimento a quello che ripete da tempo: secondo l’economista statunitense, e moltissimi altri, la Banca Centrale Europea deve cominciare a comportarsi direttamente e senza limiti da “prestatrice di ultima istanza”, stampando denaro e prestandolo agli Stati anche a costo di far salire l’inflazione, pur di sottrarli ai tassi di interesse crescenti e permettere loro di finanziare misure per la crescita nonostante il debito. Eravamo rimasti a “oppure”, però.
4b. Fine dell’euro. E parliamo di mesi, non anni.