Il caso Lavitola, a Panama
Il presidente del paese ha chiesto un risarcimento da 30 milioni di dollari al vicepresidente, suo ex alleato, che lo accusa di essersi fatto corrompere
Il presidente di Panama, Ricardo Martinelli, ha presentato una causa civile di 30 milioni di dollari contro il vicepresidente del paese, suo vecchio alleato, Juan Carlos Varela per “i danni e i pregiudizi” che sarebbero stati causati dalle “false” accuse di corruzione contro di lui. Varela aveva infatti accusato Martinelli di aver accettato 30 milioni di dollari in tangenti da Valter Lavitola in cambio di un contratto per la costruzione di un carcere, che poi non è andata in porto.
Valter Lavitola è stato per qualche tempo protagonista delle recenti vicende politiche italiane e non è facile da descrivere dal punto di vista professionale: a volte descritto come imprenditore, altre volte come giornalista (è stato radiato dall’ordine dei giornalisti a settembre), altre volte superficialmente come “faccendiere”. Era stato al centro della storia della “casa di Montecarlo”, tirato pubblicamente in ballo dai finiani in quanto autore del documento di Saint Lucia – di discussa autenticità – che attribuiva a Giancarlo Tulliani la proprietà dell’immobile, e nel corso degli ultimi anni era stato investito da parte di Silvio Berlusconi di incarichi informali in Sudamerica. Soprattutto a Panama, dove Lavitola ha interessi personali e commerciali al centro di alcune inchieste: in una di queste, la procura di Napoli lo accusa di corruzione internazionale per alcune presunte tangenti pagate da Lavitola a politici panamensi – tra cui Martinelli – per permettere a Finmeccanica di ottenere appalti. Lavitola è stato arrestato il 16 aprile, in Italia, dopo una lunga latitanza a Panama.
Il presidente Martinelli ha sempre negato le accuse rivoltegli dal vicepresidente Varela e lo ha invitato a dimettersi dall’incarico, accusandolo di non fare nulla di utile per il Paese e invitandolo a passare all’opposizione, «visto che si comporta come un membro dell’opposizione». Varela ha risposto che «servo un popolo, non un governo corrotto» e ha fatto capire che manterrà la carica per cui è stato democraticamente eletto. I rapporti tra i due sono peggiorati a cominciare dallo scorso agosto, quando si è rotta l’alleanza tra il Cambio Democrático di Martinelli, che ha la maggioranza in Parlamento, e il Partido Panameñista di Varela.
Martinelli si era precedentemente difeso dalle accuse di corruzione raccontando che Lavitola gli era stato presentato da Silvio Berlusconi come persona di fiducia durante un pranzo nel 2009, mentre si trovava in visita di stato in Italia. Al pranzo era presente anche Varela. Martinelli aveva sottolineato di non avere alcun rapporto personale con Lavitola, che si era impegnato a favorire Panama, ma di aver ottenuto grazie al suo aiuto sei motovedette che arriveranno dall’Italia nei prossimi mesi. Martinelli ha risposto alle accuse di tangenti – negate da Lavitola – dicendo che erano voci diffuse da Mauro Velocci, ex dirigente del consorzio di imprese Svemark, che gli aveva proposto la costruzione delle carceri modulari che Martinelli aveva rifiutato, perché troppo costosa. Martinelli ha detto che Velocci non «ha il diritto di accusare nessuno» e che cerca di coinvolgerlo nel caso soltanto per «invidia, odio e desiderio di vendetta perché non ha ottenuto il contratto della costruzione delle carceri».
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Il presidente di Panama Ricardo Martinelli (YURI CORTEZ/AFP/Getty Images)