La morte di Maurizio Cevenini
Repubblica Bologna racconta cosa è successo e cerca di capire il suo suicidio
Andrea Chiarini su Repubblica Bologna racconta il suicidio di Maurizio Cevenini, il popolarissimo politico bolognese che l’altroieri si è gettato da una finestra del palazzo della Regione, e cosa se ne dice in città.
Maurizio Cevenini, il Cev come tutti lo chiamavano, si è tolto gli occhiali da vista lasciandoli sulla scrivania, riponendoli vicino ai due cellulari sempre accesi che hanno continuato a squillare per ore, quasi che al primo diffondersi della tragica notizia gli amici cercassero da lui la conferma che non era vero nulla. Poi ha scritto un biglietto di scuse, “Pensate a mia figlia e a mia moglie, grazie”, rimettendo in ordine la penna. Ha spalancato la finestra del suo ufficio (quella che altre volte si era lamentato che non si apriva), al settimo piano della palazzina della Regione dov’era stato eletto con più di 19mila preferenze. E s’è buttato di sotto finendo su un terrazzo. Un volo di una trentina di metri.
Il Cev se n’è andato via così, martedì sera verso le dieci nelle torri ormai vuote di viale Aldo Moro. Ha aspettato che tutti uscissero, dopo il consiglio regionale
finito alle 18, poi ha congedato la segretaria storica, Tamara Imbaglione, che lo seguiva da dodici anni. «Ciao ci vediamo, domani sono in Comune». Più tardi, la telefonata degli amici rossoblù che lo aspettavano all’Estragon per una festa di beneficenza. «Arrivo, arrivo», li ha rassicurati rispondendo al cellulare del tifoso Piero Gasperini, l’ultimo a sentire la sua voce.Poco dopo i vigilantes del palazzo regionale, di guardia alla notte, hanno udito un tonfo. Hanno controllato, senza però capire da che parte provenisse. Solo al mattino, ieri, la terribile scoperta fatta da un impiegato che lavora nella torre di fronte alla scena del suicidio. Il piazzale della Regione si è subito riempito di gente. Incredulità, il pianto di amici e compagni di partito. Il viavai dei magistrati, della scientifica, di politici e amministratori, in carica e non. L’ex assessore Luciano Sita con gli occhi pieni di lacrime, il segretario del Pd Raffaele Donini impietrito, Andrea De Maria col groppo in gola. Il capogruppo Pd Marco Monari si guarda attorno quasi smarrito. Un dolore intimo, privato, difficile da condividere nella bolgia di telecamere e fotografi all’ingresso del consiglio regionale. Tutti con lo sguardo basso, tanti abbracci senza aggiungere altro, carezze, silenzi.
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foto: Gianfilippo Oggioni – LaPresse