In Turchia i cervelli ritornano
La crescita economica e le startup fanno tornare in patria molti giovani che vivevano o studiavano all'estero, scrive il Wall Street Journal
L’economia turca è cresciuta di oltre l’8 per cento nel corso del 2011, e da tempo si parla della Turchia come di un paese che nei prossimi anni è destinato a contare sempre di più negli equilibri europei e mondiali, dopo molti anni di forte instabilità politica ed economica.
Tra i fenomeni economici e sociali che indicano questo cambiamento c’è anche il ritorno in patria di migliaia di turchi, spesso giovani e istruiti all’estero, che oggi vedono prospettive di lavoro e di ricchezza nel loro paese di origine: ne ha scritto ieri il Wall Street Journal, che poche settimane fa si era già dedicato a un fenomeno simile che riguarda i giovani brasiliani (e della collegata emigrazione verso il Sudamerica di professionisti spagnoli e portoghesi).
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La Turchia è un paese giovane, con metà dei suoi 75 milioni di abitanti che al di sotto dei trent’anni di età, con alcuni settori dell’economia in piena espansione: in particolare il settore tecnologico, che come scrive il Wall Street Journal beneficia del fatto che soprattutto l’area di Istanbul, una metropoli di oltre 13 milioni di abitanti, stia diventando un centro importantissimo per il commercio online. Il settore, secondo i dati riportati dal Wall Street Journal, sarebbe cresciuto nel corso del 2011 del 57 per cento, fino a raggiungere il valore di 22 miliardi di lire turche, circa 9 miliardi e mezzo di euro.
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La crescita del settore del commercio tramite internet, già molto sviluppato in Turchia, ha aiutato la nascita di molte startup e società di nuova fondazione nel settore. Alcune di queste sono state fondate da giovani imprenditori, spesso con una formazione all’estero. Ma oltre alle startup il fenomeno interessa molti professionisti come avvocati, ingegneri e architetti, dato che la crescita economica turca ha uno dei suoi punti forti nel settore delle costruzioni.
Tra gli analisti finanziari ci sono dubbi sulla solidità della crescita economica turca, un paese in cui un terzo della forza lavoro è ancora impegnato nell’agricoltura e che dipende ancora molto dalle importazioni, mentre la burocrazia e la tassazione sono ancora molto rigide rispetto a quelle di altri paesi con un’economia dinamica. Ad ogni modo, il caso della Turchia esemplifica una tendenza più ampia, come scrive il Wall Street Journal.
Per generazioni, i paesi meno sviluppati del mondo hanno sofferto del cosiddetto brain drain – la fuga di molti dei loro “cervelli” migliori e più brillanti verso l’Occidente. Il processo non si è fermato, ma ora è iniziato un brain gain di senso opposto, in particolare verso paesi che hanno una crescita rapida come Cina e India e, in misura minore, Brasile e Turchia.
foto: MUSTAFA OZER/AFP/GettyImages