Gli scontri di Mosca
Le foto delle proteste di ieri in Russia raccontate da chi c'era: sono finite con 400 arresti e decine di feriti
di Augusto Come
Cinquantamila persone hanno sfilato ieri a Mosca contro Vladimir Putin, che comincia ufficialmente oggi il suo terzo mandato da presidente. La manifestazione, indetta dai comitati nati a dicembre sull’onda delle proteste contro i brogli elettorali, si è conclusa col bilancio di 400 arresti e decine di feriti.
Negli ultimi mesi il movimento ha portato in piazza decine di migliaia di persone, in quelle che sono state le più grandi manifestazioni d’opposizione dall’inizio degli anni Novanta. Dopo l’elezione di Putin, a marzo, pareva che le proteste stessero lentamente esaurendo il loro corso. La manifestazione di ieri sembra invece indicare che lo scontro si stia acutizzando. Da una parte la partecipazione alle manifestazioni rimane molto alta e l’opposizione si radicalizza, dall’altra il ricorso alla repressione è segno del crescente nervosismo delle autorità.
Le violenze di ieri restano ad ogni modo difficilmente spiegabili. Non è chiaro se la situazione sia sfuggita di mano alle forze dell’ordine o se queste stiano ricorrendo deliberatamente a una strategia intimidatoria. Il corteo di ieri, infatti, era cominciato in modo molto tranquillo. Stava raggiungendo la piazza Bolotnaya per il comizio finale, quando, inaspettatamente, la polizia ha arrestato i leader del movimento, impedendo loro di salire sul palco. La situazione è rapidamente precipitata. Alcuni manifestanti, in un simbolico tentativo di raggiungere il Cremlino, hanno cercato di sfondare il blocco dei “cosmonauti” – soprannome dato, in Russia, ai poliziotti antisommossa – che hanno reagito in modo molto aggressivo cominciando a manganellarli e arrestarli indiscriminatamente. Si è creato un gran parapiglia, la folla scappava in tutte le direzioni per cercare riparo dalle cariche. Alcuni manifestanti hanno risposto lanciando bottigliette e accendini. In seguito sono volate anche pietre e pezzi d’asfalto. Una quarantina di poliziotti sono stati feriti, uno di loro è stato accoltellato.
La brutalità delle forze dell’ordine ha provocato l’indignazione dei manifestanti, che al grido di “fascisti, vergogna!” hanno cercato di resistere. Alexei Navalny, probabilmente il più noto attivista anti-Putin, è stato arrestato con gli altri organizzatori e via Twitter incitava i manifestanti a non mollare. Le cariche e i fermi hanno però avuto la meglio: dopo duri scontri piazza Bolotnaya è stata completamente evacuata. Le proteste contro i presunti brogli elettorali si erano finora svolte in modo pacifico e la polizia aveva agito in modo impeccabile. Nessuno si aspettava una tale repressione, tanto che molti avevano portato bambini.
Andrei Mironov, vecchio dissidente sovietico, è convinto che il regime si stia dando la zappa sui piedi. «Il pugno di ferro è controproducente, poiché le manganellate generano soltanto rabbia e fanno di questi ragazzi degli eroi». Filippo, studente russo di origini italiane è sconsolato. Era venuto a manifestare con cinque amici ed è il solo del gruppo a non essere stato arrestato: «Manganellare i giovani equivale ad alienarsi il futuro del paese: ormai lo strappo si è definitivamente consumato. La pseudo-liberalizzazione voluta da Medvedev è finita, con Putin si torna al regime duro».