Il Chelsea vuole giocare a Battersea
La storia e le foto della centrale elettrica sulla copertina di Animals dei Pink Floyd, dove Abramovich vuole costruire un nuovo stadio
Roman Abramovich, il presidente del Chelsea (la squadra di calcio di Londra che ieri ha vinto la FA Cup, la Coppa d’Inghilterra, battendo per 2-1 il Liverpool), ha annunciato che per la sua squadra vorrebbe costruire un nuovo stadio al posto della centrale elettrica di Battersea, nella zona sudovest di Londra: l’edificio è celebre per essere ritratto sulla copertina dell’album Animals dei Pink Floyd del 1977.
Quello del Chelsea è un progetto che avrebbe un valore complessivo intorno a 1 miliardo di sterline. Abramovich, che reputa l’attuale stadio di Stanford Bridge troppo piccolo e poco funzionale, ha già detto che, qualora dovesse ottenere la concessione edilizia dal Comune di Londra, il nuovo stadio manterrà le famose quattro ciminiere agli angoli della centrale, che è anche l’edificio a mattoni più grande d’Europa. Tuttavia, il sindaco di Londra, Boris Johnson, non sembra intenzionato a cedere alle richieste di Abramovich. La centrale, costruita tra il 1929 e il 1939, è stata chiusa definitivamente nel 1983.
Dopo il 1983, come ha scritto il peraltro direttore del Post Luca Sofri in un articolo su Vanity Fair sulla storia della centrale di Battersea, “un movimento di affezionati alla sua architettura si creò subito e Battersea fu dichiarata sotto tutela storica”.
Sir Giles Gilbert Scott era un architetto, un grande architetto inglese. È morto a ottant’anni nel 1960. Tra i turisti che affollano Londra, uno su mille conosce il suo nome. Ingrati. Le cabine telefoniche dentro le quali si fotografano a vicenda per ricordo del luogo (e del tempo, quello delle cabine telefoniche) le ha progettate lui, o sono eredi delle sue. La prima cabina telefonica rossa, nome in codice K2, fu un’idea di Scott, che vinse il concorso del 1924 per rimpiazzare il primo modello inglese di cabina telefonica, giudicato troppo brutto per essere diffuso per le strade della capitale. Doppiamente ingrati. La Tate Modern, il museo centralissimo divenuto negli ultimi anni il maggior polo di attrazione turistica di Londra, è frutto della ristrutturazione di una centrale elettrica, disegnata nel 1948. Da Sir Giles Gilbert Scott.
Ma il rapporto tra l’opera di Scott, la Londra dei turisti, e le rivoluzioni dei tempi e delle tecnologie (si dismettono le centrali elettriche cittadine e le cabine telefoniche perdono il loro ruolo) non finisce qui. Una sua terza costruzione è raggiunta quotidianamente da un manipolo di turisti più ridotto ma più motivato, che si spinge fuori dal centro, più a ovest, lungo il Tamigi. Sono quelli che vogliono vedere da vicino la Battersea Power Station: appassionati di architettura, o di storia del rock.
Quella di Battersea fu la prima grande centrale elettrica della nazione, costruita tra il 1929 e il 1939 sulla riva meridionale del Tamigi, all’interno del progetto di razionalizzare e omogeneizzare i servizi di fornitura energetica. Una imponente e massiccia struttura in acciaio e mattoni, da cui si elevano quattro alte e inconfondibili ciminiere (erano due, poi la costruzione fu raddoppiata, simmetricamente, per ospitare una seconda sezione), e che ospitava una turbina a vapore di potenza da record. Un monumento, da subito, e una silhouette inconfondibile nel panorama ovest di Londra.
Nelle tecnologie e nella produzione energetica, le cose cambiavano già rapidamente nel Ventesimo Secolo, e i costi di funzionamento della centrale di Battersea divennero presto eccessivi. Già nel 1975 fu chiusa una delle due sezioni, e nel 1983 l’altra. Un movimento di affezionati alla sua architettura si creò subito e Battersea fu dichiarata sotto tutela storica. Nel frattempo era successa una piccola cosa che aveva moltiplicato in tutto il mondo la notorietà della centrale, fino ad allora cara solo ai londinesi. Era successa una piccola cosa quadrata, di circa trenta centimetri di lato. La copertina del disco dei Pink Floyd del 1977, “Animals”, illustrata da una fotografia della centrale in tutto il suo tetro splendore. Da allora, i fans che arrivano a Londra con il treno da Gatwick hanno un improvviso sussulto quando se la vedono passare davanti ai finestrini lungo il viaggio. Lo scatto di quella foto, poi, è una storia nella storia di Battersea. Il grande maiale gonfiabile che sulla copertina di “Animals” fluttua tra le ciminiere, si liberò dal cavo che lo tratteneva a terra e attraversò la rotta di un aereo in atterraggio. L’aeroporto di Heathrow sospese i decolli e un elicottero inseguì vanamente il maiale, che alla fine atterrò nelle campagne del Kent.
Oggi, la centrale di Battersea non ha perso un millimetro del suo affascinante incombere sul panorama circostante. Abbandonata a se stessa, è diventata il contenitore di trascurate rovine e giungle selvatiche, mentre intorno a lei si litigava per decenni sul suo destino. A un certo punto venne acquistata da una grande società immobiliare di Hong Kong, di nome Parkview, che ha presentato successivi megalomani progetti per lo sviluppo dell’area in senso commerciale. Da anni è in corso una guerra tra la società da una parte e gli amanti della costruzione e gli abitanti del circondario dall’altra (guerra incattivita dai significati simbolici dello scontro tra indigeni e cinesi). Gli ultimi progetti hanno superato l’idea di distruggere la centrale e le ciminiere in favore di un riutilizzo, ma lo stesso non convincono chi vuole conservare il valore storico e locale di Battersea. Preoccupata anche dei dubbi sull’effettiva profittabilità dell’operazione, nei giorni scorsi Parkview ha annunciato un nuovo drastico cambio di programma: non più centro commerciale e di attrazioni, ma residenziale puro. Centinaia di appartamenti intorno alla centrale, il cui destino resterebbe incerto.
Da qualche giorno, per la prima volta, una parte della centrale è stata aperta al pubblico grazie a una mostra organizzata al suo interno dalla Serpentine Gallery, fino al 5 novembre. Tutti quelli che ci vanno, tornano estasiati e preoccupati, e si aggiungono alla compagine degli oppositori di una speculazione, chiedendo che la centrale mantenga la sua identità e sia riutilizzata nel contesto del quartiere. L’architetto Scott si dimena un po’ nella tomba, all’esterno della cattedrale di Liverpool. Disegnò lui anche quella, quando aveva appena 22 anni. E non gliela tocca nessuno.
foto: Alex Livesey /Allsport