Le lettere dei camorristi, spiegate
Roberto Saviano ha analizzato su Repubblica una lettera inviata al boss in carcere Michele Zagaria, cercando di decifrarne il messaggio oscuro e allusivo
In un articolo pubblicato oggi su Repubblica, Roberto Saviano analizza una recente lettera inviata a Michele Zagaria, 53 anni, capo del clan camorristico dei Casalesi, arrestato a dicembre del 2011 dopo anni di latitanza. Saviano prova a spiegare il linguaggio usato nelle comunicazioni con il boss, che è oscuro e allusivo dato che le lettere vengono intercettate e lette dai responsabili del carcere.
“CARO ZIO, so che hai cose molto più importanti di stare ad ascoltare me ma penso che anche questa piccola soddisfazione può aiutarti ad affrontare questo momento di ingiustizia che ti opprime e sai che mi è difficile parlare con te”. Così comincia la lettera inviata una ventina di giorni fa a Michele Zagaria, l’ultimo capoclan dei casalesi arrestato dopo decenni di latitanza.
Il boss è detenuto in regime di carcere duro a Novara. Chi ha scritto sapeva che il testo sarebbe stato intercettato e sapeva che aveva poche probabilità di essere letto dal detenuto, ma l’ha inviato ugualmente. Il linguaggio è sibillino e allusivo, una vera e propria costruzione di messaggi cifrati. Sembra parlare di cose di nessuna importanza “gli amici partono per le vacanze, sembravano Totò a Milano, siamo andati a teatro a vedere la norma…”.
Può accadere che a volte persino il destinatario non capisca sino in fondo cosa stia dicendo la missiva: la capirà col tempo, magari leggendo un articolo, vedendo compiersi una condanna, un evento. I camorristi devono costruire un sistema di comunicazione misterioso e complesso per evitare che possa essere usato contro di loro in tribunale.
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