Il caso Denis Bergamini
La magistratura indaga nuovamente sulla misteriosa morte del calciatore del Cosenza avvenuta nel 1989 e all'epoca archiviata come suicidio
Il 18 novembre del 1989, il giocatore del Cosenza Donato Denis Bergamini fu trovato morto sulla strada statale 106 Jonica, nei pressi di Roseto Capo Spulcio (Cosenza). Bergamini aveva 27 anni e all’epoca si disse che si fosse suicidato gettandosi sotto le ruote di un camion in corsa, come poi confermarono le testimonianze della sua fidanzata, che era con lui quando morì, e dell’autista del camion che avrebbe investito il calciatore. Le indagini furono archiviate e nel 1992 il camionista, accusato di omicidio colposo, fu assolto. Le ricostruzioni dei magistrati, che avevano portato alla chiusura del caso, non avevano però convinto amici, colleghi e familiari di Bergamini, molto dubbiosi sulla possibilità che il calciatore avesse deciso di togliersi la vita.
Lo scorso giugno il caso è stato riaperto dalla Procura di Castrovillari. A far cambiare idea alla magistratura sono state soprattutto due nuove perizie, una del RIS di Messina, un’altra dei medici legali Roberto Testi e Giorgio Bolino richiesta personalmente dal padre di Bergamini. Entrambe sostengono la stessa tesi, e cioè che le ferite mortali ritrovate sul cadavere di Bergamini non sono compatibili con quelle di un impatto così violento contro un camion in corsa. In particolare, come riportato dal Quotidiano della Calabria, secondo Testi il corpo del calciatore era stato adagiato in precedenza sull’asfalto della statale 106. E anche i rilievi dei Ris di Messina sugli effetti personali di Bergamini non hanno trovato traccia del salto sotto al camion: le scarpe, la catenina e l’orologio di Bergamini sono rimasti pressoché intatti nell’impatto, particolare alquanto anomalo.
Ma soprattutto, le due nuove perizie si rifanno ad alcuni elementi fondamentali di un’altra perizia preparata nel 1990 dal medico legale Francesco Maria Avato, che all’epoca non fu presa in considerazione dai magistrati. Secondo la perizia Avato, Bergamini sarebbe stato evirato, torturato e ucciso, prima di essere portato sulla statale 106. Tutto farebbe pensare, dunque, a colpi e ferite mirate al basso ventre di Bergamini: queste sarebbero le presunte prove di una vendetta per qualche motivazione sessuale. Così scrive il Quotidiano della Calabria:
Colpi, insomma, emblematici e carichi di una simbologia arcaica e ben nota in Calabria fino agli anni Cinquanta, e che oggi solo gli anziani e gli antropologi ricordano: il delitto d’onore che culmina nel macabro e plateale taglio del pene e dei testicoli: evirazione (…). A dimostrazione che il giovane che piaceva alla ragazze doveva pagare per qualcosa legata al sesso. O, almeno così ha voluto far intendere chi lo ha ammazzato.
Non è chiaro perché all’epoca la magistratura ignorò la perizia Amato. Tuttavia, il Procuratore della Repubblica di Castrovillari, Franco Giacomantonio, nonostante la riapertura del caso crede ancora nella validità della sentenza del 1992 e ha dichiarato che «Bergamini ha subito una devastazione di tutta la zona del bacino. La perizia fatta a suo tempo non ha dimostrato che le lesioni subite dal giocatore, che sono quelle descritte, siano state provocate volontariamente, ma sono piuttosto la conseguenza di uno schiacciamento della zona del bacino da parte delle ruote di un mezzo pesante».
Nonostante siano passati quasi 23 anni, il caso Bergamini viene spesso ricordato da familiari e amici affinché venga fatta completa chiarezza sulla sua morte. Dal 2009 si celebra in suo onore a Cosenza il “Bergamini Day” e la curva Sud dello stadio San Vito di Cosenza, dove giocava Bergamini, porta il suo nome. In questo stadio, dove spesso vengono organizzati dai tifosi di casa cori in memoria di Bergamini, all’interno degli spogliatoi c’è anche un busto che raffigura il giocatore morto 22 anni fa.
Foto: Gazzetta dello Sport