La lettera franco-tedesca sui confini UE
L'ha diffusa il Financial Times, chiede alle autorità europee nuove regole per sospendere la libera circolazione alle frontiere fino a 30 giorni
A pochi giorni dal primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, che si terranno il prossimo 22 aprile, il ministro dell’Interno francese Claude Gueant e il suo omologo tedesco Hans-Peter Friedrich, hanno firmato insieme una lettera [pdf] indirizzata alle autorità europee per chiedere una revisione delle norme che regolano la gestione delle frontiere nell’Unione. La lettera, che è stata inviata alla presidenza di turno danese, esprime temi già espressi dal presidente francese uscente, Nicolas Sarkozy, nel corso della campagna elettorale per la sua rielezione. Anche con l’obiettivo di recuperare consensi a destra, Sarkozy ha in più occasioni detto di voler riottenere maggiore controllo sulle frontiere in assenza di nuovi provvedimenti più severi da parte dell’Unione Europea.
La notizia della lettera è stata diffusa dal Financial Times, che ne ha anche pubblicato una copia sul proprio sito, ma non è stata confermata ufficialmente. I due ministri dell’Interno chiedono che ai paesi europei venga consentita la possibilità di imporre, in maniera unilaterale, i controlli lungo i confini per un massimo di trenta giorni consecutivi nel caso in cui reputino che le altre nazioni non rispettino gli accordi sulla sicurezza alle frontiere. In passato la Commissione Europea si era già occupata del problema, ipotizzando che si potessero studiare meccanismi per integrare l’accordo di Schengen che norma la libera circolazione dei cittadini europei e delle merci tra i paesi che vi aderiscono. L’idea era quella di dare ai governi la possibilità di chiudere le frontiere per un periodo non superiore a cinque giorni, non prorogabile salvo una esplicita autorizzazione da parte di Bruxelles.
La proposta franco-tedesca prevede maggior autonomia per i singoli paesi, che sostanzialmente potrebbero decidere quando reimporre i controlli alle frontiere senza ricorrere alla Commissione, che avrebbe solamente il compito di supervisionare e coordinare l’applicazione delle nuove regole. Gueant e Friedrich propongono, inoltre, che allo scadere dei trenta giorni la decisione di proseguire o meno la sospensione della libera circolazione spetti al Consiglio europeo, l’organismo costituito dai capi di stato o di governo degli stati membri e dal presidente della Commissione. Allo stesso Consiglio spetterebbe anche il compito di decidere altre misure per risolvere i problemi legati alla potenziale violazione delle regole per mantenere sicurezza e controlli ai confini.
Nella lettera, dice il Financial Times, c’è anche la richiesta alla presidenza danese di portare l’argomento del nuovo “meccanismo” al prossimo incontro dei ministri europei dell’Interno, così che si possa iniziare a discuterne già a partire dalla prossima settimana. La discussione inizierebbe in un periodo politicamente molto delicato per la Francia, tra il primo e il probabile secondo turno elettorale per l’elezione del suo nuovo presidente. Da quanto si è fino a ora capito, la presidenza danese preferirebbe invece rimandare la discussione all’incontro successivo, in calendario per il prossimo giugno.
Secondo il ministro dell’Interno francese e quello tedesco, le nuove misure si potrebbero rivelare molto utili per affrontare particolari emergenze, legate anche all’immigrazione non legale e alla gestione dei flussi di migranti dai paesi del Sud.
Gli stati membri che si trovano ai confini meridionali e orientali dell’Unione Europea hanno messo in campo importanti sforzi per combattere l’immigrazione illegale e per proteggere i confini esterni da particolari minacce. […] Gli standard per proteggere i nostri confini sono ora armonizzati, ma abbiamo poche opzioni a nostra disposizione quando si tratta di reagire se questi standard non vengono rispettati. Abbiamo bisogno di un meccanismo di assistenza che assicuri la creazione di nuove regole comuni. Abbiamo anche bisogno di un meccanismo di compensazione da usare nel caso in cui uno stato membro, nonostante gli aiuti ricevuti, dimostri di non essere in grado di rispettare i propri impegni per proteggere i confini esterni dell’Unione Europea.