Il Vaticano contro le suore americane
Un'indagine interna le definisce "femministe radicali" per via delle loro posizioni su temi come la contraccezione, la libertà delle donne e l'omosessualità
di Giulia Siviero
Il Vaticano ha condotto quella che ufficialmente ha chiamato “visita apostolica” per esaminare la vita nelle comunità religiose delle suore statunitense. La “visita apostolica” è uno strumento utilizzato dal Vaticano per conoscere meglio una determinata istituzione e fornire un aiuto “esterno”, a fronte di un problema, attraverso l’invio di uno o più “visitatori apostolici”. Nel caso delle suore statunitensi si è trattato di una vera e propria indagine, portata avanti dal dicembre del 2008 e per la quale la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (l’organismo che controlla le congregazioni religiose sia maschili che femminili) guidata dal cardinale Franc Rodé ha incaricato un arcivescovo. L’inchiesta si è conclusa a dicembre 2011 ma i risultati devono ancora essere resi pubblici.
Due mesi dopo l’inizio della “visita”, nel febbraio 2009, d’accordo con Franc Rodé, il cardinale statunitense William Joseph Levada (prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede da cui proviene Benedetto XVI) aveva disposto un accertamento dottrinale anche sulla Leadership Conference of Women Religious (LCWR, la Conferenza delle superiore maggiori) le cui valutazioni sono invece state rese pubbliche ieri: le componenti della Conferenza “hanno avuto seri problemi dottrinali”, si sono allontanate dall’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità e sul sacerdozio riservato ai maschi, ma soprattutto hanno fatto dichiarazioni pubbliche che “sfidano i vescovi, autentici maestri della Chiesa, della fede e della morale”. L’indagine definisce le idee di queste suore “temi da femministe radicali incompatibili con la dottrina cattolica”.
I vescovi americani si erano duramente opposti alla riforma sanitaria promossa dai democratici e dall’amministrazione Obama nel 2009 e nel 2010. Moltissime suore, e molte delle quali appartenenti alla Conferenza, avevano invece firmato una dichiarazione con la quale sostenevano la riforma: questo costituì per il Presidente una copertura politica importante. Al centro della questione c’era tra l’altro la semplificazione dell’accesso per le donne alle strutture che praticano servizi di contraccezione.
(La Chiesa e la contraccezione)
La Leadership Conference of Women Religious è un’organizzazione statunitense che conta più di 1.500 membri, che rappresentano almeno l’80 per cento delle 59 mila religiose cattoliche negli Stati Uniti. L’associazione è stata fondata il 24 novembre 1956 come Conference of Major Superiors of Women (Cmsw) con l’intento di “promuovere il benessere spirituale delle religiose negli Stati Uniti”. Durante il Concilio Vaticano Secondo (1962-1965) la Cmsw inviò un’osservatrice e sempre in quel periodo iniziò un lavoro per rendere la voce delle donne più significativa all’interno della revisione del codice canonico. Nel 1971 l’assemblea cambiò il suo nome in Leadership Conference of Women Religious mentre una parte più conservatrice se ne staccò confluendo nel Cpc, il Consorzio della perfetta carità.
Dopo l’esito dell’inchiesta reso pubblico ieri, suor Annmarie Sanders, portavoce della Conferenza, ha detto che LCWR è stata tenuta completamente all’oscuro dall’inchiesta e che le sue componenti sono «sbalordite dalle conclusioni della valutazione dottrinale».
Ora, il cardinale americano William Joseph Levada, con Leonard Blair membro della Commissione dottrinale della Conferenza episcopale statunitense avrà cinque anni per rivedere lo statuto della LCWR, approvare ogni presa di parola pubblica delle componenti del gruppo e scrivere un testo per facilitare il dialogo sulle questioni che il Vaticano contesta a queste suore.