Chi sarà il vice di Romney?
Guida alla decisione più importante che prenderà nei prossimi mesi il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, con lista dei papabili
di Francesco Costa - @francescocosta
Salvo sorprese – sorprese molto molto grosse – il candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali statunitensi sarà Mitt Romney. L’ex governatore del Massachusetts ha un grande vantaggio di voti e delegati nelle primarie del partito e il più temibile fra i suoi sfidanti, Rick Santorum, si è ritirato dalla corsa pochi giorni fa: né Newt Gingrich né Ron Paul appaiono oggi minimamente in grado di scalfire la sua superiorità in termini di consensi, di denaro e di organizzazione. Quindi per Romney è arrivato il momento di cominciare a porsi una domanda fondamentale e affrontare una delle decisioni più importanti che dovrà prendere da qui a novembre: chi scegliere come candidato alla vicepresidenza. Pochi giorni fa Romney ha incaricato una sua consigliera di lunga data, Beth Myers, di guidare il comitato che dovrà cercare i migliori potenziali candidati alla vicepresidenza, studiare i loro profili, scavare nel loro passato, e sottoporli poi alla sua attenzione.
La scelta del candidato alla vicepresidenza è di pertinenza esclusiva del candidato alla presidenza, che ascolta molti pareri ma non deve concordarla con il partito (nel sistema politico americano chi vince la nomination presidenziale diventa, di fatto, il capo del partito). Ci sono naturalmente molti fattori di cui tenere conto. In primo luogo, ovviamente, il valore assoluto del candidato: trovandosi in un sistema istituzionale che non prevede elezioni anticipate, nel gergo politico americano si dice sempre che il vicepresidente si trova a un heartbeat dalla presidenza. Un battito di cuore. Se il presidente muore, il suo ruolo viene immediatamente assunto dal vicepresidente, fino alla fine del suo mandato. Quindi i candidati alla presidenza solitamente preferiscono scegliere politici di affidabile competenza, mostrando così senso di responsabilità e attenzione verso il futuro del paese.
Poi c’è il ritorno politico immediato. La scelta del candidato alla vicepresidenza viene solitamente annunciata in estate, poche settimane prima della convention di partito, nel cuore della campagna elettorale: ed è una notizia che smuove la campagna elettorale e travolge per almeno una settimana la stampa politica di tutto il paese, impegnata a raccontare il personaggio in questione e raccogliere informazioni sul suo conto. Questa grande attenzione si può trasformare in consenso politico, a condizione di scegliere bene l’aspirante vicepresidente. I criteri possono essere diversissimi: le sue qualità diverse e complementari a quelle del candidato alla presidenza (è stato il caso di Joe Biden, bianco, di grande esperienza e avanti con gli anni); le sue qualità uguali e sovrapposte a quelle del candidato alla presidenza (è stato il caso di Al Gore, meridionale come Clinton e quasi suo coetaneo); il suo carisma e il suo essere imprevedibile e “fuori dagli schemi” (è stato il caso di Sarah Palin, rivelatosi prima esplosivo e poi controproducente); il suo consenso in uno stato in particolare, magari in uno stato in bilico tra democratici e repubblicani (è stato il caso di John Edwards nel 2004, anche se il tentativo non funzionò: nello stato di Edwards vinse Bush).
Romney ha davanti molte alternative ideali, per la scelta del suo vicepresidente. Può scegliere un candidato forte a destra, vista la sua difficoltà a sfondare fra i tea party. Può scegliere una donna, visto quanto Obama lo distanzia tra l’elettorato femminile. Può scegliere un candidato ispanico, per la stessa ragione. Può scegliere un candidato dal profilo simile al suo, per rafforzare l’identità della sua proposta politica. Può scegliere un candidato che abbia due o più di queste caratteristiche. Ma ogni possibilità rappresenta naturalmente anche delle controindicazioni, dalle conseguenze potenzialmente letali: per questo la scelta è una delle decisioni strategicamente più pesanti di tutta la campagna elettorale. A giudicare dalle analisi dei risultati delle primarie, dal panorama offerto dal partito repubblicano e dalle necessità di Romney, oggi questi sono probabilmente i dieci personaggi con maggiori possibilità di diventare candidati alla vicepresidenza. Ce ne possono essere altri, ovviamente: Mel Martinez, 65 anni, ex senatore della Florida; John Thune, 51 anni, senatore del South Dakota; qualcuno fa pure il nome di Condoleeza Rice, 57 anni, ex segretario di Stato. Oppure un altro ancora, uno a cui ora non pensiamo, come fu Sarah Palin. Ma noi oggi puntiamo su questi 10, in ordine sparso.