E quindi, il pareggio di bilancio?
È stato inserito nella Costituzione, ieri Reuters ha annunciato che l'Italia lo raggiungerà un anno dopo: non è proprio così, vediamo perché
Oggi il presidente del Consiglio Mario Monti ha presentato il Documento di Economia e Finanza (DEF), che stabilisce ogni anno gli obiettivi di medio-lungo periodo per i conti pubblici e che deve essere presentato dal governo al Parlamento entro il 30 giugno. L’attuale contesto economico italiano è noto: da una parte c’è la crisi, dall’altra c’è il patto di bilancio, il cosiddetto fiscal compact firmato dai capi di governo europei a fine gennaio scorso, che vincola al rigore nei conti pubblici 23 dei 25 paesi dell’Unione Europea.
Uno dei punti principali dell’accordo che stabilisce il fiscal compact è l’obbligo di raggiungere il pareggio di bilancio nei conti pubblici, un principio che deve essere inserito anche nelle costituzioni dei paesi aderenti (l’Italia lo ha fatto ieri). Il problema è che non è chiarissimo che cosa significhi “pareggio di bilancio”, o meglio i modi con cui questo debba essere considerato e calcolato. E da qui arrivano anche alcune diversità di lettura e di interpretazione del DEF presentato oggi dal governo.
Nel fiscal compact viene introdotto il vincolo di deficit massimo “strutturale” pari allo 0,5 per cento: questo significa che le uscite dello Stato possono essere ogni anno superiori alle entrate al massimo dello 0,5 per cento del PIL, comprese le spese per gli interessi sul debito pubblico. La parola “strutturale”, però, introduce complicati meccanismi statistici che aggiustano il calcolo a seconda del ciclo economico. Se ci si trova in una fase di difficoltà dell’economia, infatti, le entrate del sistema fiscale si abbassano e le uscite si alzano, per esempio per maggiori spese per i sussidi di disoccupazione. I calcoli statistici dovrebbero riuscire a tener conto di questo contesto, ed è quindi possibile che un paese che in termini assoluti ha un deficit del 2 per cento del PIL abbia un deficit “strutturale” inferiore allo 0,5 per cento stabilito dal trattato.
Ieri l’agenzia di stampa Reuters ha annunciato “in esclusiva”, dicendo di basarsi su una bozza del DEF, che l’Italia avrebbe rinviato di un anno (dal 2013 al 2014) il raggiungimento del pareggio di bilancio. Reuters ha detto che le previsioni del deficit per il 2012 sarebbero state leggermente riviste al rialzo, dallo 1,6 all’1,7 per cento; per il 2013 ci sarebbe stata una correzione dallo 0,1 allo 0,5 per cento e il nuovo obbiettivo per il 2014 sarebbe stato un deficit solo dello 0,1 per cento, dunque praticamente in pareggio.
La notizia sarebbe stata notevole, richiamando il recente annuncio del premier spagnolo Mariano Rajoy che il suo paese non avrebbe rispettato gli obbiettivi del deficit pubblico concordati con gli altri paesi europei solo poche settimane prima; ma la questione è un po’ più complessa, dato che se è vero che l’Italia non raggiungerà il pareggio in termini assoluti (o “nominali”) nel 2013, lo raggiungerà comunque secondo quanto stabilisce il trattato di bilancio europeo.
Nella bozza presentata oggi, i dati anticipati da Reuters si sono dimostrati corretti. Ma dato che, secondo il fiscal compact, il bilancio di uno stato si considera in pareggio se il deficit pubblico rimane inferiore allo 0,5 per cento, l’Italia dovrebbe rispettare questa condizione anche il prossimo anno, nonostante la revisione al rialzo.
Il governo, comunque, non ha lasciato questa correzione senza commento: e riguardo il dato presentato oggi di un deficit nominale dello 0,5 per cento per il 2013 dice che:
L’impegno del Governo sul pareggio di bilancio in termini nominali nel 2013 si basava sullo scenario prefigurato in dicembre. Di conseguenza questo obiettivo sarà raggiunto, e anzi ampiamente superato, in termini strutturali. Dal mese di dicembre si è verificata una riduzione delle proiezioni di crescita per l’anno corrente che ha causato una revisione delle stime sui conti pubblici in parte compensate da una riduzione prospettica della spesa per interessi.
In termini “strutturali”, ovvero corretti per il ciclo economico, l’Italia dovrebbe avere nel 2013 un avanzo netto (e dunque un risultato positivo) dello 0,6 per cento.
Nel DEF presentato oggi, il governo ha inoltre rivisto le stime di crescita (o meglio di diminuzione) del Prodotto interno lordo per quest’anno, dicendo che nel 2012 il PIL diminuirà dell’1,2 per cento. A dicembre, la stima del governo era dello 0,4 per cento.