Un incendio che dura da 50 anni
La storia e le foto del paesino di Centralia, in Pennsylvania, svuotato dalle fiamme sotterranee che da decenni bruciano un enorme deposito di carbone
Se si cerca su Google Maps “Centralia, Pennsylvania”, appare un reticolo regolare di strade che si intersecano ad angolo retto come quello di tanti paesini degli Stati Uniti. La funzione Street View permette anche di fare un giro virtuale per Centre Street, la via principale che attraversa Centralia: e allora si può vedere come gli isolati siano occupati quasi interamente da spiazzi vuoti, le piante crescano libere fino a invadere le strade e in giro si vedano pochissime auto o persone. I dati del censimento del 2010 dicono che oggi gli abitanti del paese sono dieci, nove dei quali hanno più di cinquant’anni.
Centralia è una città fantasma, come ce ne sono molte negli Stati Uniti e in tutto il mondo: ma quello che è più interessante è il motivo per cui i suoi abitanti hanno deciso di andarsene. Il motivo è un incendio che brucia nel sottosuolo della città da cinquant’anni. Un incendio che si estende oggi per circa 1,5 chilometri quadrati nei filoni di terreno carbonifero sotto il livello del suolo, consumandolo a una velocità stimata di diverse decine di metri l’anno. La temperatura del terreno vicino all’incendio è di circa mille gradi, mentre sulla superficie ci sono crolli e crepe da cui salgono sbuffi di fumo.
All’inizio degli anni Sessanta, Centralia era un paesino di circa 1.100 persone nella Pennsylvania centro-orientale, una zona attraversata dai monti Appalachi e molto ricca di carbone: sotto il paese si trova infatti un grande filone di antracite, il tipo di minerale in cui il carbone è presente in percentuali più alte, oltre il novanta per cento. Alla fine di maggio del 1962, per cause mai chiarite (forse un incendio controllato di rifiuti, che veniva ordinato ogni anno dal comune), si sviluppò un incendio in una miniera di antracite a cielo aperto appena fuori dal paese. Il fuoco passò ai filoni sotterranei del minerale, che ha un colore nero e lucidissimo e ha una caratteristica particolare: è molto difficile da incendiare, ma una volta che le fiamme attecchiscono sono quasi impossibili da spegnere. Il fuoco, alimentato da alcuni cunicoli esplorativi che forniscono l’ossigeno necessario a tenerlo vivo, produce molto calore, ma poche fiamme e poco fumo.
People raccontò nel giugno 1981 che l’incendio sotterraneo avrebbe potuto essere estinto subito, spendendo circa 50.000 dollari, ma le autorità statali e federali volevano che metà dei soldi venisse dalla contea di Columbia, dove si trova Centralia. La contea non aveva i soldi e la soluzione del problema venne rimandata, forse sperando che le fiamme si sarebbero spente da sole. Dopo di che, dell’incendio sotto il suolo di Centralia non si sentì parlare per un bel pezzo.
Centralia divenne improvvisamente famosa in tutti gli Stati Uniti il giorno di San Valentino del 1981, quando un ragazzo di 12 anni di nome Todd Domboski venne inghiottito da una buca che si aprì nel terreno vicino a un albero nel giardino di sua nonna. Sprofondò per circa due metri nella terra fangosa e riscaldata dal vapore, prima di rallentare la caduta grazie alla radice di un albero. Sotto di lui si apriva una buca di decine di metri. Sarebbe morto rapidamente a causa del denso fumo ricco di monossido di carbonio, se un altro bambino non avesse sentito le sue grida aiutandolo a uscire dalla buca. La temperatura del terreno nel giardino dietro la casa della nonna di Todd venne misurata e risultò intorno ai 300 gradi.
Fino ad allora, l’incendio aveva già causato un crollo e aveva danneggiato l’autostrada vicino al paese, mentre i residenti notavano che i piani delle loro case a contatto con il terreno erano più caldi del normale. Ma nell’arco di poche settimane dopo l’episodio di Todd Domboski, la frequenza dei crolli accelerò e le buche nel terreno divennero centinaia.
Tutti i mezzi di comunicazione nazionali si occuparono del caso, e il governo federale decise allora di approvare un piano definitivo per Centralia, mentre i residenti si affrettavano a installare nelle loro abitazioni costosi rilevatori del livello di monossido di carbonio e dell’ossigeno, che facevano suonare un campanello nel caso in cui l’aria degli ambienti fosse diventata irrespirabile. L’United States Bureau of Mines stimò che la soluzione più economica per estinguere l’incendio sarebbe costata la cifra, allora enorme, di 20 milioni di dollari e i pompieri locali provarono, con scarso successo, a pompare migliaia di litri di acqua in alcune gallerie.
Nel 1984 il governo stanziò 42 milioni di dollari per comprare ad una ad una le case della città e demolirle dopo il trasferimento degli abitanti: nel 1992 il processo si era quasi concluso, dopo una serie di accordi molto vantaggiosi per i cittadini. Negli altri paesi della zona, come ha scritto il quotidiano online The Morning News in un articolo di giovedì scorso, ancora oggi si parla con una malcelata invidia di chi riuscì a diventare “ricco” con i soldi del governo, andando ad abitare fuori da Centralia.
Ma non tutti se ne volevano andare. Nel 1992 erano rimasti nel paese 53 proprietari di case che non avevano intenzione di accettare l’accordo proposto dal governo. Per risolvere la situazione, il governatore democratico della Pennsylvania Bob Casey (ma di quei democratici “di destra”, anti-abortisti e favorevoli alla vendita di armi) dichiarò l’esproprio dell’area di Centralia per motivi di pubblica sicurezza. Dopo le demolizioni, il paese di vent’anni fa era già molto simile a quello che è oggi: le strade in rovina che attraversano grandi spazi deserti, con i cartelli stradali ancora tutti al loro posto mentre la foresta si espande lentamente. Alcuni chilometri dell’autostrada che passa vicino a Centralia, la Pennsylvania Route 61 che attraversa lo stato, sono stati definitivamente abbandonati nei primi anni Novanta e sostituiti da un nuovo tracciato che aggira l’area interessata dall’incendio. L’asfalto del tratto abbandonato, pieno di crepe e di buche, è ricoperto di graffiti. Gli ultimi abitanti rimasti – che, con l’esproprio, non dovevano più pagare tasse locali – non vennero sfrattati subito, rimanendo ancora per molti anni nelle loro case.
Le autorità sostengono che la zona sia pericolosa e che il monossido di carbonio liberato dall’incendio si infiltri dal terreno nelle case, con alto pericolo di intossicazioni letali. Ma il ristretto numero di persone che è ancora rimasto non è di quest’idea, e negli ultimi anni sta sostenendo con decisione il fatto che l’esproprio sia solo una scusa per poter ricominciare a scavare per estrarre i 25 milioni di tonnellate di antracite che sta sotto i loro piedi. I visitatori si sentono dire, dagli anziani rimasti nel paese, che stanno solo cercando di conservare quello che è loro e che non concepiscono che il governo venga e si prenda con la forza le loro case.
Molti degli abitanti sono ultrasettantenni, che hanno vissuto gran parte della loro vita camminando ogni giorno sopra l’incendio, e si dicono convinti che contro di loro sia in atto un complotto del governo o delle grandi società minerarie e dell’energia. Hanno fatto diversi ricorsi contro l’esproprio, perdendoli tutti, ma come strumento di resistenza cercano di mantenere almeno la finzione di un’autorità comunale attiva e funzionante. Un articolo di un piccolo quotidiano locale ha descritto, nel febbraio del 2011, una seduta del consiglio comunale di Centralia: il sindaco e due consiglieri si riunirono per dieci minuti e deliberarono il pagamento di una bolletta della luce di 92 dollari, la cifra spesa per le luminarie natalizie nella città. Fino a quando esisterà il comune di Centralia, dicono i residenti, i diritti di sfruttamento minerario resteranno a loro.
Con soli dieci abitanti, senza più un ufficio postale dal 1997, nessun negozio aperto e neppure un codice di avviamento postale, del paese di Centralia non resta più molto. Ma la sua storia e lo scenario desolato, con le decine di buche nel terreno da cui escono piccole colonne di fumo, attirano migliaia di turisti ogni anno, in particolare da Philadelphia, che è a solo due ore di macchina.
Centralia, comunque, sembra essere destinata a essere dimenticata, a causa del fuoco che si mangia il terreno sotto di essa: l’attrazione principale della zona è il parco di divertimenti di Knoebels, che attira 1,3 milioni di visitatori l’anno e si trova a pochi chilometri di distanza. L’autore del reportage del Morning News ha detto che, nonostante la sua storia straordinaria, una visita a Centralia è destinata a deludere le aspettative:
Mentre guidavo verso casa, sapevo che sarei stato obbligato a dire al direttore che non avevo trovato quello che cercavo. Non c’era un paese in fiamme a Centralia, o un frammento delle stranezze americane, o una parabola del disastro. Certo, era tetro, ma non spettacolare. C’era gente amichevole che cercava di tirare fuori il massimo da una storia andata in malora. C’erano turisti che cercavano qualcosa che si trovava fuori dalla visuale.