Repubblica spiega il “declino di RCS”
Alessandro Penati spiega e commenta con severità i problemi economici del gruppo che pubblica il quotidiano concorrente
Oggi su Repubblica, nella prima pagina della sezione Economia, c’è un severo articolo che riguarda una grande azienda italiana e le sue difficoltà economiche: l’elemento particolare dell’analisi, diffusa e dettagliata, è che l’azienda in questione – RCS – è quella che possiede il Corriere della Sera, il quotidiano rivale di Repubblica e suo maggior concorrente sul mercato (ma il testo sottolinea, per attenuare questa prima impressione, quanto RCS sia una realtà italiana importante e quanto sia un esempio delle crisi del paese). L’articolo è scritto da Alessandro Penati.
Ogni minima variazione della struttura proprietaria di Rcs (Corriere della Sera), diventa notizia e assume un rilievo da questione di interesse nazionale. Nonostante la gravità della crisi finanziaria, anche il recente rinnovo del patto di sindacato non ha fatto eccezione. Nel frattempo però l’azienda continua a essere mal gestita e vale sempre di meno. È quella che chiamo “economia spettacolo”: uno star system di imprenditori e banchieri dove l’immagine e le relazioni contano più dei profitti. Ha i suoi lati divertenti, ma l’Italia di oggi non se lo può più permettere, avendo disperatamente bisogno di ristrutturazioni e aziende che rilancino la crescita.I dati di Rcs sono impietosi.
Margini risibili, incapacità di generare profitti, elevato indebitamento, investimenti sbagliati. Una situazione non molto diversa da quella del 1998, anno dell’arrivo di Cesare Romiti alla presidenza: allora un conglomerato indebitato, poco redditizio, frutto di investimenti errati. I programmi di ristrutturazione dell’era Romiti non ebbero successo e il gruppo rimase poco competitivo.
Fuori Romiti, nuovi piani di ristrutturazione ed espansione.
Stesso patto di sindacato, salvo qualche aggiustamento tra i soci. Risultato: dopo 14 anni siamo al punto di prima. Dal 1998 a oggi, il gruppo Rcs ha prodotto complessivamente 36 miliardi di ricavi, ma solo il 2,7% si sono tradotti in utili (prima di imposte e interessi).
Il rendimento medio sul capitale investito è stato un risibile 1,3%. Alla scarsa redditività, si è aggiunta l’incapacità di crescere, con un fatturato in contrazione del 3% medio annuo.
La concorrenza delle tv, la crisi, la disaffezione degli italiani per la carta stampata non spiegano risultati così negativi. In questi 14 anni, i tre principali concorrenti italiani, (Mondadori, Espresso e Caltagirone/Messaggero) hanno saputo mantenere mediamente una crescita positiva (+ 1,3%); una redditività media sul capitale adeguata (quasi 8%), con margini quadrupli di Rcs (10,4%). Se poi si guarda ai principali gruppi editoriali europei, il confronto diventa imbarazzante. La crisi della carta stampata e quella finanziaria non hanno risparmiato il resto d’Europa: la crescita media dell’1% è in linea con le concorrenti italiane; ma con una redditività media sul capitale (10%) e margini complessivi (15%) ancora più elevati, segno di gestioni efficienti. Quattordici anni non sono bastati per rendere Rcs stabilmente competitiva e redditizia; e neppure per invertirne il declino.
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