Un’altra indagine su Vendola

Il presidente della Puglia è indagato per abuso d'ufficio, peculato e falso, scrive il Corriere del Mezzogiorno

Aggiornamento del 4 dicembre 2013:

(ANSA) – BARI – Il gip di Bari ha archiviato l’indagine per sette indagati, tra cui il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, coinvolti nell’inchiesta su una transazione da 45 mln di euro deliberata dalla Regione nel 2009 in favore dell’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti. L’archiviazione riguarda anche gli ex assessori regionali alla Salute Alberto Tedesco e Tommaso Fiore, e mons.Mario Paciello, vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti.

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Il Corriere del Mezzogiorno scrive che il presidente della Puglia e capo di Sinistra e Libertà, Nichi Vendola, è indagato per abuso d’ufficio, peculato e falso. L’inchiesta ha a che fare con una transazione da 45 milioni di euro non conclusa tra la regione e l’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti. Insieme a Vendola sono indagati anche due ex assessori regionali della Sanità, Alberto Tedesco e Tommaso Fiore, il vescovo della diocesi locale e il direttore dell’ospedale. Pochi giorni fa a Vendola era stata notificata la conclusione delle indagini per concorso in abuso d’ufficio.

BARI – Nuova tegola giudiziaria sul governatore della Puglia, Nichi Vendola. Dopo aver ricevuto, in qualità di indagato, l’avviso di conclusione delle indagini per concorso in abuso d’ufficio (avrebbe favorito la nomina di un primario all’ospedale San Paolo), Vendola risulta indagato anche per la transazione da 45 milioni non conclusa tra Regione Puglia e l’ospedale «Miulli» di Acquaviva delle Fonti. I reati ipotizzati dalla procura di Bari sono abuso d’ufficio, peculato e falso.

LA VICENDA – Al centro dell’inchiesta della pm Desirèe Digeronimo c’è una transazione che ha ricevuto il parere favorevole dell’Avvocatura regionale nonostante quello contrario espresso sia dall’Ares (azienda sanitaria regionale) che del dirigente dell’assessorato. Tale accordo sarebbe servito a chiudere un contenzioso amministrativo da 80 milioni. Il «Miulli» aveva presentato ricorso al Tar per chiedere il ripiano dei 42,6 milioni di disavanzo maturati dal 2002 al 2007. L’ospedale sosteneva di essersi indebitato per costruire la nuova sede con fondi propri (76 milioni fino a fine 2008) perché non aveva potuto utilizzare i fondi pubblici destinati all’edilizia sanitaria. In pratica il Miulli sosteneva che le spese sarebbero state maggiori rispetto ai rimborsi della Regione per le prestazioni sanitarie.

IL VESCOVO – Tra gli indagati ci sono anche gli ex assessori alla sanità Alberto Tedesco e Tommaso Fiore. «Si tratta di un atto transattivo del 2009 – spiega Fiore – sul quale il Consiglio di Stato si deve ancora esprimere». Indagini anche sul vescovo della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, monsignor Mario Paciello e don Mimmo Laddaga, direttore dell’ospedale ecclesiastico Miulli di Acquaviva.

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