Roberto Calderoli e il caso Belsito
Gli aggiornamenti di oggi sulla Lega riguardano una delle tre persone che guida il partito (nonché membro del cosiddetto "cerchio magico")
Il giorno dopo l’espulsione dalla Lega dell’ex tesoriere Francesco Belsito e di Rosy Mauro, tutt’ora vicepresidente del Senato, i giornali raccontano gli aspetti delle inchieste che riguardano Roberto Calderoli, più volte ministro, considerato molto vicino a Umberto Bossi (membro del cosiddetto “cerchio magico”) e da una settimana alla guida del partito insieme con Manuela Dal Lago e Roberto Maroni. In una telefonata intercettata alcuni mesi fa, Belsito parla con la funzionaria amministrativa leghista Nadia Dagrada, chiedendole un parere su come giustificare alcuni giri di denaro, che gli inquirenti ipotizzano fossero legati all’uso distorto dei rimborsi elettorali: «E invece, quelli di Cald, come faccio? Come li giustifico quelli?».
Davide Carlucci e Walter Galbiati su Repubblica di oggi spiegano che, oltre all’intercettazione, ci sono altri elementi che sembrano indicare un coinvolgimento di Calderoli. Belsito era sottosegretario al suo ministero e nello stesso lavorava come consulente anche Bruno Mafrici, indagato per riciclaggio dalla procura di Reggio Calabria. Quando i giornali iniziarono a occuparsi degli investimenti in Tanzania della Lega Nord, Belsito fu messo molto sotto pressione da diversi esponenti del partito che volevano vederci chiaro nella gestione dei conti. Calderoli, almeno ufficialmente, difese il lavoro dell’ex tesoriere.
Il 24 febbraio scorso, spiega Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera di oggi, in pieno scandalo per gli investimenti leghisti in Tanzania, a Cipro e in Norvegia, all’interno della Lega Nord si danno da fare per trovare una soluzione e smontare il caso mediatico. La Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Reggio Calabria ricostruisce quei momenti nella sua informativa:
Si registra una conversazione tra l’avvocato Scovazzi e l’onorevole Calderoli, il quale dovendo rilasciare una intervista al Secolo XIX concorda con il legale di Belsito gli argomenti da utilizzare per difendere lo stesso Belsito dagli articoli di stampa che lo attaccano. Calderoli dice che questa mattina il giornalista ha preteso un’intervista sulla questione, in un primo momento il suo addetto stampa aveva cercato di mediare, dicendo che sono due mesi che non rilascia dichiarazioni a nessun quotidiano nazionale, ma poi sempre Calderoli dice di aver riflettuto perché non usare l’intervista cercando di vendere le nostre buone ragioni.
Secondo l’avvocato di Belsito, l’intervista sarebbe stata un semplice pretesto per attaccare la Lega Nord e il suo tesoriere di allora. L’avvocato spiega anche a Calderoli che su Belsito si erano fatti dei «processi dopo che i processi erano già stati fatti, perché relativamente ai fatti dei giorni scorsi si tratta di due indagini archiviate» si legge nel documento della DIA. In quei giorni, racconta Sarzanini, i contatti tra Calderoli e Belsito sono frequenti e l’onorevole vuole avere informazioni precise per dire al capo, Umberto Bossi, «quando è tutto a posto».
Gli investigatori vogliono capire in che misura Calderoli fosse informato sui fatti. Ieri l’ex ministro ha respinto le accuse: «Gli accertamenti dei magistrati sono un atto dovuto e da me auspicato, perché dopo il fango mediatico che mi è già stato gettato addosso non vedo l’ora che si arrivi all’accertamento della verità. Sono a completa disposizione per fornire qualunque elemento possa condurre alla verità».
Un documento retrodatato?
L’informativa si occupa anche dei contatti tra Rosy Mauro, esponente leghista molto vicina a Umberto Bossi e vicepresidente del Senato, e Belsito. L’ex tesoriere si confronta con Mauro nei giorni dello scandalo sugli investimenti in Tanzania, spiegandole che il comitato amministrativo formato da Roberto Castelli e Piergiorgio Stiffoni vuole avere informazioni chiare su come sono stati utilizzati i fondi del partito. Stando a quanto riferisce Belsito a Mauro, si stava procedendo per preparare un documento retrodatato con l’autorizzazione per gli investimenti all’estero:
Stiffoni esternava il timore che la vicenda in questione, qualora non gestita con le dovute cautele, avrebbe potuto scatenare un terremoto all’interno del Movimento pregiudizievole alla leadership di Bossi. Il timore appalesato dallo Stiffoni, a dire di Belsito, poteva essere evitato qualora i membri del comitato amministrativo avessero firmato il documento mandatogli da Belsito inerente l’istituzione dei fondi. È evidente che il documento a cui faceva riferimento Belsito era l’autorizzazione affinché Belsito avesse potuto disporre l’operazione in essere. Rosy Mauro, riscontrando le difficoltà appalesate da Belsito, lo consigliava di parlare del comportamento tenuto dai suddetti parlamentari, direttamente con Bossi.
In una conversazione telefonica dei primi giorni di febbraio, sempre citata dalla DIA, Belsito spiegava a Mauro di voler scrivere una lettera a Stiffoni e Castelli invitandoli a sottoscrivere “l’autentica delle firme” per il presunto documento retrodatato. In una successiva telefonata, Belsito disse a Mauro che il documento era stato firmato da Stiffoni, mentre non gli risultava fosse stato fatto altrettanto da Castelli.
Le verifiche nelle banche
Negli ultimi giorni la procura di Milano ha disposto nuovi controlli e verifiche in otto banche. Ieri la Guardia di Finanza ha fatto visita alla Banca Popolare di Lodi, alla Popolare di Novara, al Banco di Napoli, alla BNL, alla Unicredit, alla Banca Sella e alla Carige. Dati e documenti più rilevanti potrebbero provenire dall’Aletti di Genova, l’istituto dal quale sono partiti i discussi investimenti verso Cipro e la Tanzania. Il carnet di assegni trovato nella cartellina “The Family” con la scritta Umberto Bossi proveniva dall’Aletti. Altre verifiche interessano gli immobili di proprietà della Lega Nord, su cui gli inquirenti vogliono fare chiarezza.
Giulio Tremonti
Con una breve lettera inviata a Repubblica, l’ex ministro dell’Economia ha smentito la notizia di ieri sul fatto che fosse a conoscenza degli investimenti in Tanzania prima delle inchieste giornalistiche e che avesse appoggiato l’operazione di Belsito per “diversificare perché tra due mesi l’euro salta”.
Riciclaggio
Giuseppe Baldessarro e Francesco Viviano riportano oggi su Repubblica alcuni colloqui tra Belsito, l’imprenditore Stefano Bonet e Bruno Mafrici, sospettato di avere legami con la ‘ndrangheta, in cui viene discussa la creazione di una propria banca di investimenti per ripulire il denaro.
Dopo aver individuato le banche di Cipro e della Tanzania, discutono su come farsi una banca propria e pensano alla banca svizzera Arner, già nota alle cronache giudiziarie italiane, commissariata, multata ed indagata e che ha avuto tra i correntisti Silvio Berlusconi (il quale ovviamente non ha nulla a che fare con gli indagati per i fondi della Lega). […] Attraverso la Arner, Belsito e Mafrici avrebbero pensato di riciclare la massa di denaro che gestivano. «Non solo i fondi della Lega Nord – dice un inquirente – ma anche quelli più sostanziosi della ‘ndrangheta che da anni cerca affannosamente di riciclare i suoi soldi che altrimenti non potrebbe utilizzare. Belsito e Mafrici sarebbero stati scelti perché calabresi. Belsito perché poteva fare entrare ed uscire soldi senza rendere conto a nessuno, in quanto provenienti dal rimborso ai partiti, Mafrici perché avrebbe a disposizione molti “emissari” svizzeri che lavorano per lui».
Espulsioni
Ieri il Consiglio federale della Lega Nord ha deciso l’espulsione di Francesco Belsito e di Rosy Mauro. Per l’ex tesoriere la decisione è stata presa rapidamente e senza particolari difficoltà, mentre nel caso dell’attuale vicepresidente del Senato le cose sono state più complicate. Roberto Maroni è rimasto fermo sulla sua posizione di dover “fare pulizia” e ha fatto intendere al Consiglio che in caso di mancato allontanamento di Mauro si sarebbe dimesso, lasciando il partito senza quello che viene da tutti immaginato come il nuovo leader della Lega Nord. Dopo l’espulsione, Rosy Mauro ha parlato di “ricatto politico” ordito per escluderla dal partito da parte di Maroni e ha spiegato che “il rancore è prevalso sulla verità”. Il Consiglio federale non ha assunto alcun provvedimento nei confronti di Renzo Bossi, il figlio di Umberto, che ha così evitato la sospensione di cui si era parlato negli ultimi giorni.
Congressi
Il Consiglio federale ieri ha anche stabilito le date dei congressi, stringendo i tempi, come aveva richiesto negli ultimi giorni Roberto Maroni. Quello della Lombardia si svolgerà nei primi due giorni di giugno, quello del Veneto il 2 e il 3 giugno. Il Congresso federale, che dovrebbe sancire la nuova leadership della Lega Nord, si svolgerà tra il 30 giugno e il primo luglio al Forum di Assago vicino Milano.