La Lega ha espulso Rosy Mauro e Francesco Belsito
Nessun provvedimento invece contro Renzo Bossi: la vicepresidente del Senato resta però nel ruolo di cui ricordiamo una dimostrazione di tragicomica impreparazione
La vicepresidente del Senato Rosy Mauro e l’ex tesoriere Francesco Belsito sono stati espulsi dalla Lega. Lo ha deciso il Consiglio federale che si è riunito oggi per più di tre ore in via Bellerio. Per entrambi la decisione è stata unanime, ma Umberto Bossi al momento del voto su Rosy Mauro non era presente ed è rientrato a votazione conclusa. Sarebbe stato Roberto Maroni a porre l’aut aut indicando come condizione per la sua permanenza nella Lega l’espulsione della senatrice.
Su Renzo Bossi, invece, coinvolto anche lui nelle indagini sull’utilizzo dei fondi pubblici al partito non è stato preso alcun provvedimento. Il Consiglio federale ha anche fissato il Congresso che si svolgerà il 29 e 30 giugno.
Qualche giorno fa, dopo le inchieste giudiziarie sull’ex tesoriere Belsito e sulla sua presunta gestione illecita dei rimborsi elettorali della Lega Nord, le dimissioni di Rosy Mauro erano stato chieste dai principali esponenti politici degli altri partiti e da Roberto Calderoli, che insieme con Roberto Maroni e Manuela Dal Lago ha assunto temporaneamente la guida del partito dopo le dimissioni di Umberto Bossi. Calderoli aveva ricordato che per Mauro non c’era alcun obbligo giuridico di dimettersi, ma che facendolo avrebbe dimostrato di «volere bene più alla Lega che a se stessa».
La mancata volontà di Rosy Mauro di accettare l’invito è stato un elemento decisivo nella votazione di stasera del Consiglio federale. Nel comunicato diffuso al termine dell’incontro si legge: «A questo punto, preso atto della decisione della senatrice Mauro il Consiglio Federale all’unanimità ha decretato l’espulsione dal movimento della stessa senatrice Mauro, ritenendo inaccettabile la sua scelta di non obbedire ad un preciso ordine impartito dal Presidente Federale e dal Consiglio Federale».
Stando agli elementi emersi fino a ora sul caso Belsito (indagano tre procure tra Milano, Napoli e Reggio Calabria), parte dei fondi elettorali della Lega Nord sarebbero stati dirottati verso Mauro e il Sindacato Padano da lei fondato. La ex vicepresidente del Senato sarebbe stata inoltre a conoscenza degli affari che realizzava Belsito e che, sempre stando alle carte e alle intercettazioni, servivano per finanziare anche le spese della famiglia Bossi.
(I misteri del sindacato padano)
Rosa Angela Mauro è nata a San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, il 12 luglio 1962 e si trasferì a Milano agli inizi degli anni Ottanta. Lavorò per un certo periodo presso la Control come operaia, entrando in contatto con diversi ambienti del sindacato e diventando rappresentante della Uilm-Uil. Come spiega Marco Cremonesi sul Corriere della Sera di oggi, Mauro si fece notare da Bossi durante una assemblea sindacale di tranvieri dove li mise «in riga tutti», secondo il racconto dello stesso ex leader leghista. Nel 1990 Rosy Mauro fondò insieme con Antonio Magri il Sal, il sindacato autonomista lombardo che nel 1996 divenne SIN.PA.
Negli stessi anni divennero progressivamente più stretti i rapporti tra Mauro e la famiglia Bossi, che venne spesso fotografata in atteggiamento amichevole con Umberto Bossi. Nel 1993 Rosy Mauro fu candidata alle comunali di Milano, dove fu eletta con 381 voti e divenne celebre per una seduta a Palazzo Marino dove diede dei mafiosi ad alcuni consiglieri di sinistra, intimando loro di tornarsene a Palermo. Quattro anni dopo ottenne solamente 66 voti e non fu rieletta in comune. Nel 2004 i rapporti con la famiglia si fecero ancora più stretti: Bossi era convalescente da un grave ictus e la moglie dell’allora leader della Lega Nord decise che sarebbe stata Rosy Mauro ad affiancarlo e aiutarlo. Chi nel partito non tollerava la sua ascesa iniziò a chiamarla “la badante”.
Nel 2005 la sua elezione in Regione Lombardia fu certa, grazie alle liste bloccate, e così anche quella al Senato nel 2008. Benché fosse totalmente priva di esperienza parlamentare, fu indicata dalla Lega come presidente del Senato. La scelta lasciò molto contraddetti alcuni esponenti del partito e gli stessi militanti. Due anni dopo, durante una seduta molto convulsa, Rosy Mauro perse il controllo della situazione e dimostrò di non avere molta dimestichezza con le procedure parlamentari.
Era il 21 dicembre del 2010 e al Senato si stava discutendo la contestata riforma dell’Università voluta dell’allora ministro Gelmini. L’opposizione aveva chiesto di sospendere la seduta e la votazione degli emendamenti per convocare la Giunta del regolamento e affrontare alcuni problemi emersi alla lettura del testo di legge, con parti che si contraddicevano tra loro. Il governo rispose che sarebbe intervenuto successivamente per aggiustare la legge – con il classico decreto Milleproroghe – e che il testo poteva essere quindi votato. I senatori dell’opposizione protestarono, nacquero alcuni confronti verbali molto accesi e Rosy Mauro, che in quel momento presiedeva la seduta, decise di farsi interprete della diffidenza della maggioranza per un rinvio.
Tra le urla e le proteste dei senatori, Mauro bocciò la richiesta dell’opposizione e annunciò il voto sugli emendamenti seguenti praticamente in solitaria e meccanicamente. Sbagliò anche per ben quattro volte nel dichiarare “approvati” emendamenti che non lo erano, tra la disperazione dei tecnici del Senato. La scena tragicomica e surreale fu ripresa dalle telecamere del Senato e circolò molto in Rete nei giorni successivi, confermando le perplessità che avevano accolto l’elezione di Rosy Mauro alla vicepresidenza dell’istituzione.