Ikea intanto investe sull’Italia
Nel 2012 trasferirà in Piemonte altri tre centri di produzione dall'Asia: l'Italia è il terzo fornitore del mondo
Martedì il gruppo svedese di arredamento Ikea ha annunciato che sposterà tre suoi centri di produzione dall’Asia all’Italia. L’annuncio arriva anomalo e promettente in un momento storico in cui la produzione viene invece delocalizzata sempre di più nei paesi emergenti. Ikea ha fatto sapere che trasferirà in Italia diverse «produzioni di cassettiere, rubinetterie e giocattoli, che ora saranno realizzate in Piemonte e non più in Asia», aumentando così il numero dei fornitori italiani, che erano 24 a fine 2011. Da questi centri arriva l’otto per cento della produzione mondiale di Ikea, facendo dell’Italia il terzo produttore al mondo dopo Cina (22 per cento) e Polonia (18 per cento). “Abbiamo individuato nuovi partner italiani che hanno preso il posto di fornitori asiatici”, ha spiegato in un comunicato stampa l’amministratore delegato di Ikea Italia Lars Petersson: “Grazie alla loro competenza, al loro impegno e alla capacità di produrre articoli caratterizzati da una qualità migliore e a prezzi più bassi dei loro concorrenti asiatici”.
Dunque la scelta sarebbe dovuta principalmente alla qualità che assicurano i fornitori italiani, secondo Ikea superiore a quella garantita dagli asiatici. In Italia Ikea ha recentemente aperto un punto vendita a Catania (il primo della Sicilia) e farà lo stesso nel 2012 a San Giovanni Teatino, in provincia di Chieti, portando così a 20 i punti vendita in Italia (che nel 2011 sono stati visitati da circa 46 milioni di clienti). Un altro negozio è in progetto a Pisa. Le prime tre regioni italiane da cui si rifornisce il gruppo svedese sono il Veneto, dove viene prodotto il 38 per cento degli acquisti in Italia, il Friuli con il 30 per cento e la Lombardia con il 26. Per quanto riguarda le vendite, invece, il mercato italiano rappresenta il 7 per cento del fatturato mondiale di Ikea, essendo il quarto Paese dopo Germania (16 per cento), Usa (12 per cento) e Francia (10 per cento).
Come ha dichiarato Petterson martedì al programma la Zanzara su Radio24, “vogliamo investire di più. Stiamo molto attenti alle scelte logistico-ambientali e abbiamo scelto l’Italia perché abbiamo un’ottima esperienza con i fornitori e la loro qualità. I fornitori italiani hanno dimostrato di essere molto flessibili sui cambiamenti dei prodotti”, anche se, ha continuato Petterson, “l’incertezza dei tempi della burocrazia e della politica rendono il mercato italiano meno appetibile”. Per Petterson l’articolo 18 in Italia “non è un problema perché noi lavoriamo e cresciamo con le persone che lavorano con noi. Per noi il problema del lavoro è una richiesta di più flessibilità interna nel cambiare mansione, reparto e orari di lavoro e i contratti attuali non sono flessibili. L’Italia è un paese nel quale vogliamo investire e il nostro è un pensiero a lungo termine”.
foto: Andreas Rentz/Getty Images