Starbucks in Europa
Gli affari da queste parti non vanno bene come negli Stati Uniti e in Asia, anche per colpa della crisi, e così l'azienda sta studiando soluzioni alternative
La catena internazionale di caffetterie Starbucks fa buoni profitti nel suo paese d’origine, gli Stati Uniti, è in forte crescita in Asia, ma fa fatica in Europa. Lo scrive il New York Times, che racconta le prossime mosse dell’azienda per attirare più clienti europei e instaurare, grazie a una campagna multimilionaria, una “cultura coffeehouse” che per il momento ancora non c’è.
Nonostante un fatturato mondiale record di 3,4 miliardi di euro nell’ultimo trimestre del 2011 e il valore delle azioni salito dagli 8 dollari nel 2008 ai 53 di oggi, Starbucks non va molto bene in Europa: nell’ultimo trimestre del 2011, per esempio, il fatturato degli Starbucks europei aperti da almeno 13 mesi è cresciuto solo del 2 per cento, contro il 9 di quello degli Stati Uniti e addirittura il 20 in Asia. In Francia, per esempio, dove ci sono 63 punti Starbucks aperti negli ultimi 8 anni, l’azienda non ha ancora visto utili. Secondo un recente sondaggio, infatti, solo al 20 per cento dei francesi piace il caffè americano.
I problemi, secondo gli analisti, sono principalmente due. In primo luogo, la crisi economica e finanziaria che negli ultimi mesi ha colpito particolarmente l’Europa e che non favorisce gli investimenti, senza contare il fatto che, rispetto al mercato di Stati Uniti o Asia, Starbucks in Europa ha a che fare anche con affitti e costi del lavoro notevolmente più alti. Il secondo problema, che poi è anche la sfida di Starbucks nei prossimi anni, sta nel fatto che gli europei non hanno ancora sviluppato una cultura delle caffetterie in stile americano. Eppure i punti Starbucks in Europa, da Amsterdam a Berlino, fino a Londra, sembrano sempre pieni, scrive il New York Times. Però non portano soldi.
Così Starbucks pensa ad attrarre nuovi clienti europei nei prossimi mesi soprattutto utilizzando un nuovo stile per i suoi punti vendita, diverso a seconda dei singoli paesi. Per esempio in Francia, dove la gente tende a sedersi e a mettersi comoda per un caffè più che in altri paesi, scrive il New York Times, verranno progettati presto nuovi spazi e arredamenti più confortevoli. Ai britannici, invece, piace il take-away molto di più rispetto ai francesi e quindi Starbucks sta progettando centinaia di punti “drive-through” in Regno Unito dove ritirare rapidamente il proprio prodotto senza scendere dalla macchina. Sempre ai britannici generalmente piace il latte macchiato, ma con più caffè rispetto alla versione normale di Starbucks, che è “più annacquata”. E così l’azienda da qualche tempo aggiunge più caffè alla bevanda in Regno Unito.
Starbucks utilizza anche altre tecniche per avvicinare gli europei. A inizio marzo, per esempio, i baristi europei di Starbucks hanno cominciato a portare una targhetta sulla divisa per “umanizzare” la sua reputazione di catena internazionale, scrive il New York Times. A Londra, invece, da un po’ si chiamano i clienti per nome quando le loro bevande sono pronte. Ma soprattutto, Starbucks sta rinnovando i suoi spazi: lo scorso mese ad Amsterdam è stato inaugurato un centro Starbucks con arredamenti d’avanguardia, dove ci saranno anche letture di poesie. A Parigi, sono stati rinnovati e resi più eleganti le caffetterie più vicine a Louvre e Teatro dell’Opera.
Oltre a questo, nonostante gli ultimi dati non eccezionali, Starbucks prevede di aprire altre centinaia di nuovi punti in Europa, scrive il New York Times, da Parigi a Mosca, oltre ai 1.700 già attivi. Della possibile apertura di negozi in Italia si parla da anni senza arrivare mai a niente. Starbucks ha aperto la sua prima caffetteria europea in Regno Unito nel 1998 e in Europa vende bene soprattutto in Russia e Turchia. Per combattere la crisi, Starbucks in Europa ha anche abbassato in alcuni casi i suoi prezzi, come quello del latte macchiato in Germania (ma solo temporaneamente) e in Grecia (qui in maniera definitiva) da 3,50 euro e 2,50 euro.
nella foto: un punto Starbucks a Londra, Regno Unito (Peter Macdiarmid/Getty Images)