Prendi in braccio un bambino
Le foto di uno degli espedienti comunicativi più vecchi e popolari di candidati e politici, più o meno goffi
Una volta, quando non c’era internet e non c’era Twitter e non c’erano le trasmissioni frivole a cui intervenire frivolamente, i leader politici o aspiranti tali dovevano ricorrere a idee più concrete, fisiche, stradali, per mostrarsi in contatto con la “gente” (la chiamavano persino “popolo”, allora). Andavano in giro per i loro paesi, facevano campagne elettorali sui treni, poi sugli autobus, stringevano mani, entravano nei negozi, bussavano alle case (“porta a porta”), ordinavano gelati. E soprattutto: prendevano in braccio bambini. Passaggio fondamentale che riassumeva in una comunicazione i messaggi “uno di voi”, “uno vicino a voi”, “uno buono” e “uno capace di cavarsela ovunque” (soprattutto trattandosi sempre di uomini). Anche se spesso capitavano incidenti, rispetto al cavarsela.
Parte di tutto questo è sparita, parte è diminuita, e parte è invece tornata attuale per sottrarsi alle oggi vivacissime accuse di “distanza dai cittadini” o eccesso di comunicazione “virtuale”. E il ruolo del bambino preso in braccio non è mai passato di moda, alla fine. C’è chi se la cava meglio e chi più goffamente: ma prima o poi ci provano quasi tutti.
– Le foto, i video e le storie di politici che mangiano, cantano, ballano, parlano l’inglese e fanno lavori manuali