I calcoli sbagliati del governo tecnico
Le stime su chi avrebbe perso lavoro e pensione, i cosiddetti "esodati", sono in difetto e serviranno nuovi conteggi con l'INPS
Sul Corriere della Sera di oggi, Enrico Marro si occupa dei calcoli del governo sulle persone che, in seguito alla nuova riforma delle pensioni, rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione (i cosiddetti “esodati”: oggi uno di loro scrive al Corriere per contestare l’uso del termine). Chi ha lasciato il proprio lavoro poco prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, magari con incentivi aziendali in attesa della pensione vera e propria, ha visto spostarsi in avanti nel tempo il pensionamento e di conseguenza si trova in un limbo in cui difficilmente può tornare a lavoro e non può accedere al trattamento pensionistico. Il fenomeno si verifica tutte le volte che vengono riviste le regole previdenziali e di solito il governo prevede condizioni particolari per tutelare questi esodati. Il ministero del Lavoro guidato da Elsa Fornero aveva previsto che ci potessero essere circa 65mila persone in queste condizioni, ma la stima si è rivelata errata, e lo stesso ministro stamattina ha confermato una nuova attenzione sulla questione.
Un pasticcio. Difficile trovare un’altra definizione per la vicenda degli «esodati», brutta parola che sta a indicare quelle persone che, dopo la riforma della previdenza, rischiano di restare senza stipendio e senza pensione. È un fenomeno che si verifica ogni volta che una riforma innalza i requisiti pensionistici. Succede che i lavoratori che nel periodo immediatamente precedente hanno lasciato il lavoro, spesso con incentivi aziendali in attesa della pensione che sarebbe arrivata da lì a poco, si ritrovano improvvisamente con le regole del gioco cambiate e con il traguardo previdenziale spostato in avanti di alcuni anni. Per questo, di solito, la legge prevede delle clausole di salvaguardia che consentono, a precise condizioni, a questi lavoratori di andare in pensione con le vecchie regole. Anche questa volta è stato così, solo che a differenza del passato, la riforma Fornero prevede un aumento dei requisiti per la pensione senza precedenti e quindi la salvaguardia inizialmente tarata su 65 mila persone si è rivelata insufficiente.
La norma stabilisce, tra l’altro, che potranno andare in pensione i lavoratori in esubero secondo accordi di ristrutturazione firmati da aziende e sindacati entro il 4 dicembre scorso e quelli che in seguito a dimissioni volontarie (gli esodati, appunto) hanno lasciato il lavoro entro il 31 dicembre 2011 e matureranno il primo assegno di pensione entro il dicembre 2013. Secondo i calcoli che furono fatti al momento della riforma, a dicembre, i lavoratori da salvaguardare sarebbero stati 65 mila. E su questa platea furono stanziate le risorse per coprire l’erogazione delle pensioni secondo le vecchie regole. Ma sono bastate poche settimane per rendersi conto che in realtà gli interessati sarebbero stati molti di più. Solo considerando i lavoratori in mobilità e mobilità lunga secondo gli accordi chiusi entro il 4 dicembre e quelli a carico dei fondi di solidarietà di settore, tipo i bancari, il numero dei 65 mila è già esaurito. Ma il punto è che gli accordi, anche se stipulati lo scorso dicembre, prevedono spesso la messa in mobilità pure negli anni successivi e anche questi lavoratori vanno tutelati. Senza considerare che la norma tutela genericamente anche i lavoratori ammessi alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre scorso, che sono un numero sterminato se non interverranno interpretazioni limitative. Sono quindi cominciate a circolare le stime più diverse da 100 mila a più di 300 mila.