La pena di morte nel mondo
Nel 2011 ci sono state almeno 676 esecuzioni, spiega il rapporto annuale di Amnesty International, ma ci sono buone notizie per la sua abolizione
L’associazione per i diritti umani Amnesty International ha pubblicato ieri il suo rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo, basato sui dati dello scorso anno.
Nel 2011, dice il rapporto, 20 paesi del mondo hanno eseguito condanne a morte, in calo rispetto ai 23 dell’anno precedente. Quattro di questi, Arabia Saudita, Iran, Corea del Nord e Somalia, ne hanno eseguite alcune in pubblico. Almeno 1923 persone sono state condannate a morte in 63 paesi. Nonostante questi numeri, l’organizzazione ha detto che continua la tendenza verso l’abolizione della pena in tutte le aree del mondo, con significativi passi avanti nei paesi africani (Ghana, Senegal, Nigeria, Sierra Leone). La nuova costituzione marocchina contiene un articolo che sancisce il diritto alla vita, che dovrebbe aprire la strada all’abolizione della condanna a morte nel prossimo futuro. Altri segnali incoraggianti sono venuti, nel corso del 2011, da Malesia e Giappone (dove, per la prima volta da 19 anni, non sono state eseguite sentenze di condanna a morte). Negli Stati Uniti, l’Illinois è diventato il sedicesimo stato ad abolire la pena di morte, e il governatore dell’Oregon, il democratico John Kitzhaber, ha annunciato che fino alla fine del suo mandato non permetterà che vengano eseguite condanne. L’unico stato europeo a eseguire condanne a morte è la Bielorussia, mentre in novembre il parlamento della Lettonia ha abolito la pena dal suo ordinamento, diventando il 97esimo paese del mondo a farlo.
(Un po’ di numeri sulla pena di morte negli Stati Uniti)
Amnesty International chiarisce però che il suo rapporto si basa sui dati disponibili pubblicamente, secondo i quali nel 2011 ci sono state 676 esecuzioni: il numero è in crescita rispetto al 2011, visto l’aumento delle esecuzioni in Iraq, Arabia Saudita e Iran (dove, secondo il segretario generale dell’Alto Consiglio iraniano per i diritti umani, circa tre quarti delle condanne a morte sono collegate al traffico di droga). Questi dati sottostimano il fenomeno, dato che in alcuni paesi, come Cina e Iran, le cifre non sono rese pubbliche e le esecuzioni sono molto più numerose. In Cina, in particolare, dove i condannati a morte sono la fonte principale degli organi per i trapianti, si stima che le condanne siano oltre mille all’anno, la stragrande maggioranza di quelle eseguite nel mondo.
(In Texas si riparla del caso Willingham)
L’Economist ha pubblicato un grafico in cui visualizza i dati del rapporto di Amnesty. I paesi che hanno eseguito condanne a morte nel corso del 2011 sono evidenziati in rosso, mentre in arancione sono segnalati i paesi in cui, nello stesso anno, ci sono state persone condannate a morte dal potere giudiziario ma non sono state eseguite condanne.