È possibile parlare con gli animali?
La BBC racconta i tentativi di stabilire una comunicazione con gli animali, e in particolare con i delfini: il problema non è farsi capire, ma farsi rispondere
Negli ultimi anni diversi ricercatori hanno lavorato alla comunicazione con gli animali, e in alcuni casi gli esperimenti hanno dato discreti successi: tra i casi più celebri, alcuni scimpanzé (Washoe, morta nel 2007, e Nim, morto nel 2000) e un bonobo (Kanzi) impararono a comunicare usando un linguaggio di segni oppure una serie di simboli su una tastiera. Un articolo di Ed Yong su BBC Future racconta i tentativi passati e i progetti futuri nella comunicazione tra uomo e animale.
Un caso particolarmente studiato, in questo campo, è quello dei delfini. Chi ha reso famosi i delfini come animali molto intelligenti, viste le grandi dimensioni del loro cervello (leggermente più grande di quello umano, circa 4 volte più di quello di uno scimpanzé, ma molto differente da entrambi come struttura) fu John Lilly, che a partire dagli anni Sessanta si disse convinto dell’esistenza di un vero e proprio linguaggio utilizzato dai delfini per comunicare tra loro. Secondo Lilly, l’unica cosa da fare era osservarli per registrare il linguaggio e poterlo poi riutilizzare. Yong scrive che “gran parte del lavoro di Lilly era altamente discutibile”, dato che i suoi metodi prevedevano di allagare una casa per usarla come un gigantesco acquario per delfini, provare a insegnare agli animali a parlare in inglese e somministrare ai delfini LSD.
Probabilmente, prosegue Yong, Lilly aveva ragione sull’intelligenza dei delfini ma non sul loro linguaggio, dato che un linguaggio deve avere la caratteristica essenziale di essere formato da unità minori che si combinano in catene più lunghe, in modo da comunicare informazioni complesse. I delfini hanno sicuramente un repertorio di fischi e schiocchi, ma finora non sembra che questi si combinino a formare qualcosa di simile alle frasi del linguaggio umano.
Sembra che alcuni delfini abbiano un proprio fischio personale, che serve come una sorta di “nome” per il singolo individuo, si sviluppa nel primo anno di vita e viene utilizzato anche nella comunicazione tra gruppi diversi di delfini. Il “nome” sembra avere cambiamenti nella modulazione a seconda dell’umore e delle circostanze, ma oltre a questo non si conosce quasi nulla del modo in cui comunicano i delfini, né se fischi e schiocchi possano essere combinati per veicolare messaggi più complessi. Lo studio è reso ancora più difficile dal fatto che i delfini si muovono molto in fretta e quindi sono difficili da seguire e da studiare in natura, e comunicano spesso a frequenze che l’orecchio umano non è in grado di registrare.
Alcuni esperimenti hanno dimostrato che i delfini sono in grado di comprendere centinaia di parole emesse dagli esseri umani, e persino di decifrare semplici combinazioni dei termini. E qui entra in gioco il problema fondamentale per rispondere alla domanda se sia possibile parlare con gli animali: “parlare”, infatti, implica non solo la comprensione di un suono legato a un concetto più o meno vago da parte dell’animale, ma anche la capacità dell’animale di rispondere con qualcosa di comprensibile.
Denise Herzing, una studiosa che ha speso gran parte della propria vita professionale con i delfini e che oggi lavora in Florida al Wild Dolphin Project, è convinta che sia possibile instaurare una vera e propria comunicazione con loro, e che gli esperimenti siano falliti finora perché erano troppo “ingombranti” e lenti per i tempi di reazione dei delfini, che in acqua nuotano molto più velocemente dell’uomo.
Herzing intende iniziare a sperimentare un nuovo sistema, il Cetacean Hearing and Telemetry (CHAT), formato da un piccolo computer collegato a due ricevitori sottomarini (idrofoni). Il computer, portato sottacqua da un subacqueo, dovrebbe registrare i diversi suoni emessi dai delfini (inclusi gli ultrasuoni che l’uomo non può sentire) e indicare con un sistema di luci gli animali che li hanno emessi. Il CHAT sarà in grado di formare anche suoni artificiali: Herzing spera che questo le permetterà di esprimersi direttamente nel linguaggio dei delfini, e che gli animali “adottino” i suoni emessi dal dispositivo e si crei “una forma comune di comunicazione” tra le due specie. Una cosa simile è già stata osservata in natura tra due specie di delfini piuttosto distanti tra loro, i delfini della Guyana e i delfini dal naso a bottiglia (o tursiopi, una delle specie più comuni): nel caso di incontro tra due gruppi, questi iniziano ad utilizzare una serie di suoni comuni che non vengono utilizzati quando i gruppi sono separati.
foto: ROLAND WEIHRAUCH/AFP/Getty Images