Gli attacchi missilistici israeliani a Gaza
L'obiettivo era il capo di una formazione vicina ad Hamas, che è stato ucciso insieme ad altri 11 palestinesi: in risposta sono stati lanciati razzi verso il sud di Israele
Ieri pomeriggio l’esercito israeliano ha lanciato diversi attacchi missilistici nella striscia di Gaza uccidendo in tutto almeno 12 persone. Si tratta dell’episodio più violento dopo mesi di relativa calma nella zona.
L’obiettivo degli attacchi era Zuhair al-Qaissi, segretario generale del Comitato di Resistenza Popolare e vicino a Hamas, movimento islamico che governa la striscia di Gaza. Secondo gli israeliani, il gruppo di al-Qaissi sarebbe stato responsabile di molti attacchi contro Israele, ma anche del rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, tenuto in ostaggio per più di 5 anni e rilasciato a ottobre in cambio del rilascio di un migliaio di detenuti politici palestinesi, ma anche di molti attacchi contro Israele.
Secondo il New York Times il primo attacco missilistico israeliano – quello che nel pomeriggio di venerdì ha ucciso Zuhair al-Qaissi insieme a un altro militante del CRP – sarebbe partito dopo che alcuni militanti palestinesi di Gaza avevano sparato due razzi verso Israele, senza causare danni. Le fonti militari israeliane hanno però dichiarato che l’attacco era già stato programmato per sventare il pericolo di un attacco palestinese nella penisola del Sinai, che secondo i servizi segreti israeliani sarebbe stato organizzato per i prossimi giorni proprio da Zuhair al-Qaissi.
Al primo attacco missilistico israeliano ne sono seguiti altri, causando in tutto 12 morti e diversi feriti. A questi attacchi i militanti palestinesi hanno reagito sparando una ventina di razzi in direzione del sud di Israele, causando tre feriti: secondo la radio pubblica israeliana si tratta di lavoratori thailandesi, di cui uno grave. Altri due razzi sarebbero stati intercettati dal sistema antimissilistico israeliano, uno avrebbe danneggiato alcune abitazioni della città costiera di Ashdod, mentre diversi altri sarebbero finiti in aree deserte o in mare.
foto: AP photo/Hatem Moussa