L’Italia contro
Per sbloccare il processo democratico incattivito e inceppato servono più referendum, scrive Michele Ainis sul Corriere
Sul Corriere della Sera di oggi, Michele Ainis riflette sul fatto che il nostro è diventato un “Paese contro”, pieno di odio politico e sociale, con una “faglia sotterranea” che divide i cittadini dalle istituzioni. Il recupero può passare solamente attraverso un processo che porti i cittadini “a farsi Stato” con un impegno diretto, come quello referendario.
L’Italia brontola, protesta, rumoreggia. Contro i privilegi della Casta, quella dei politici. Contro le altre caste che divorano gli avanzi del nostro patrimonio pubblico, a partire dai grand commis di Stato. Contro la legge elettorale, chiedendo la macellazione del Porcellum. Contro Equitalia, e più in generale contro l’eccessivo carico fiscale. Contro l’abolizione dell’articolo 18, in nome del diritto al lavoro. È un Paese contro, questo di cui siamo inquilini. Trasuda livore, odio politico e sociale. E una faglia sotterranea divide ormai le istituzioni e i cittadini.
Per ricucire il nostro tessuto connettivo serve un’opera di pacificazione nazionale. Ma è un’impresa impossibile, se non vengono al più presto riattivati i canali di comunicazione fra società politica e società civile. Perché ogni protesta incattivisce, quando non ha spazi per diventare una proposta. Un tempo questa cinghia di trasmissione era rappresentata dai partiti, che restano comunque necessari. La politica si fa con i partiti. Ma oggi sono colpiti dal discredito, e in più non sanno mai che pesci prendere: sulle questioni controverse ognuno tira fuori almeno due soluzioni opposte. È insomma il pessimo rendimento del nostro processo democratico, che ci fa vivere da separati in casa. È la crisi di legittimazione che dai partiti si estende al Parlamento, ossia al domicilio elettivo dei partiti. È il vuoto d’alternative alla democrazia parlamentare, dato che la democrazia referendaria in Italia è sempre stata malaticcia.