British Gas lascia Brindisi
L'azienda britannica ha rinunciato a costruire il rigassificatore, dopo 11 anni in attesa dei permessi
La società energetica britannica British Gas ha rinunciato a costruire il rigassificatore a Brindisi, progetto che aveva ricevuto alcune iniziali autorizzazioni nel 2001 – la società ha già investito 250 milioni di euro – ma non ha mai ottenuto i permessi per iniziare i lavori. Lo racconta il Sole 24 Ore, che spiega anche come nel frattempo in Galles un rigassificatore identico è stato validato, costruito e messo in funzione. Negli anni scorsi c’era stata una lunga battaglia – politica e legale, con denunce e ricorsi – tra enti locali e governo nazionale sulle autorizzazioni e sulle valutazioni di impatto ambientale relative all’impianto.
British gas getta la spugna: dopo 11 anni di paralisi sul fronte delle autorizzazioni e dei permessi, attesi inutilmente dagli inglesi e mai concessi dalle autorità italiane, la compagnia energetica britannica rinuncia al progetto del rigassificatore di Brindisi. «Oggi (ieri per chi legge, ndr) – annuncia al Sole 24 Ore il presidente e amministratore delegato di British gas Italia, Luca Manzella – abbiamo avviato le procedure per il collocamento in mobilità dei nostri lavoratori presenti a Brindisi. In tutto una ventina di dipendenti.
La casa madre, delusa e scoraggiata dal prolungarsi all’infinito del braccio di ferro con le autorità italiane e nonostante i 250 milioni di euro già spesi per il progetto pugliese, ha deciso di riconsiderare dalle fondamenta la fattibilità dell’investimento». Il risulato è che tutte le attività di British gas su Brindisi cessano a partire da oggi.
Un colpo durissimo sia per l’economia del territorio, visto che il rigassificatore avrebbe procurato nei quattro anni necessari alla sua realizzazione un migliaio di posti di lavoro, sia all’immagine del sistema Paese, che si mostra incapace di attarre i grandi investimenti stranieri.
«Noi pensiamo – continua Manzella, in carica dallo scorso 1° febbraio – che il governo Monti, così come si rivolge agli investitori finanziari, dovrebbe inviare messaggi altrettanto chiari e rassicuranti anche agli investitori industriali, che hanno un enorme bisogno di certezze». Proprio quelle che Britsh gas non ha mai ottenuto: la richiesta al Governo italiano di poter realizzare a Brindisi l’impianto di rigassificazione risale al novembre 2001. Il terminal, il cui investimento si aggira sugli 800 milioni di euro, è progetto per una capacità di sei milioni di tonnellate/anno di gas naturale liquefatto (gnl), corrispondenti a otto miliardi di metri cubi l’anno di gas naturale immesso in rete, pari al 10% circa del consumo nazionale. E invece non se ne farà più niente. Sfuma tutto.