Oggi si vota in Iran
Il voto per il rinnovo del parlamento è piuttosto lontano dalla definizione di "elezione democratica", ma è una prova importante per la tenuta del presidente Ahmadinejad
Oggi si tengono in Iran le elezioni parlamentari. Si vota per eleggere l’Assemblea nazionale consultiva o Majles, il parlamento unicamerale del paese. L’assemblea è composta da 290 parlamentari eletti in oltre 200 circoscrizioni elettorali. La politica iraniana è estremamente complessa e difficile da comprendere per chi è abituato alle democrazie parlamentari occidentali: all’interno della fedeltà alla teocrazia islamica sciita esistono una grande varietà di posizioni, di gruppi di potere e di gradi di apertura nei confronti delle libertà civili. Per questo motivo, anche se non possono essere definite delle elezioni democratiche secondo i canoni internazionali, queste elezioni parlamentari saranno comunque un modo importante di capire l’appoggio popolare alle diverse “anime” del regime teocratico.
L’Iran è una repubblica islamica, in cui il ruolo del clero e delle istituzioni religiose è anche politico, secondo la tradizione dell’Islam sciita. Dopo la Rivoluzione islamica del 1979 il paese è diventato una teocrazia: il massimo leader religioso, o Guida suprema, è anche il massimo leader politico (attualmente è l’ayatollah Ali Khamenei). Il ruolo del parlamento è decisamente ridimensionato rispetto alle funzioni che gli sono solitamente attribuite in molti paesi del mondo. Il parlamento approva e discute le leggi, ma non sceglie il presidente della repubblica, che è il capo del governo e del potere esecutivo e che viene eletto direttamente dai cittadini. L’autorità del presidente viene comunque dopo quella della Guida suprema.
I candidati al parlamento devono ricevere l’approvazione del Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, che è composto da dodici membri: metà sono esperti della legge islamica scelti dalla Guida suprema, e metà sono scelti dal Majles. Questo meccanismo esclude che si possano candidare oppositori del regime teocratico, ma lascia comunque una certa scelta agli elettori tra rappresentanti delle diverse fazioni della rivoluzione islamica: esiste un’ala più moderata e un’ala più conservatrice (che è quella di cui fa parte l’attuale presidente Mahmud Ahmadinejad).
Prima delle attuali elezioni sono stati esclusi dal Consiglio dei Guardiani circa duemila delle 5.400 persone che avevano presentato la loro candidatura. I rimanenti si sono organizzati in diverse liste e coalizioni, illustrate in un articolo della BBC.
Il primo gruppo è quello dei sostenitori di Mahmud Ahmadinejad, 55 anni, attuale presidente ed ex sindaco di Teheran. Il presidente rappresenta l’ala più conservatrice della rivoluzione, forte soprattutto nelle grandi zone rurali, arretrate e tradizionaliste dell’Iran. La sua retorica, oggi come durante le due elezioni presidenziali che ha vinto nel 2005 e nel 2009 (la seconda con forti sospetti di brogli elettorali) è quella del difensore del popolo e della giustizia sociale, dalla parte dei poveri e fortemente antioccidentale. Tuttavia, spiega la BBC, il suo movimento sembra oggi molto disorganizzato e senza una guida forte. Molti suoi candidati sono stati respinti dal Consiglio dei Guardiani (i rapporti di Ahmadinejad con le autorità religiose da tempo non sono ottimi).
I sostenitori di Ahmadinejad devono affrontare anche una sorta di opposizione “da destra”, rappresentata dal Fronte per la Fermezza: si tratta per la maggior parte di suoi ex sostenitori che usano i suoi stessi argomenti e la sua stessa retorica, che non attaccano direttamente Ahmadinejad ma i suoi collaboratori più stretti. Nella difficile relazione tra il presidente e la Guida suprema, che si sono scontrati spesso per la scelta di alcuni uomini nei posti chiave del regime, sono schierati dalla parte dell’ayatollah e della purezza ideologica del regime islamico.
C’è poi la “vecchia guardia” della rivoluzione, riunita nel Fronte Unito per i Princìpi, che di solito ottiene la maggioranza del Majles. Si tratta di politici tradizionalisti e strettamente legati al rispetto della legge islamica, per quanto riguarda ad esempio la limitazione del ruolo della donna nella vita pubblica e l’applicazione della legge che discende dal Corano. Rifiutano la retorica più nazionalista e anti-americana di Ahmadinejad, che non vedono di buon occhio, mentre sono molto legati all’autorità della Guida suprema.
Per la prima volta dal 1979, le forze più moderate e riformiste hanno deciso di non partecipare alle elezioni. Si tratta di forze politiche che non mettono in questione la legittimità del regime teocratico e della rivoluzione islamica, ma che avevano comunque posto una serie di condizioni prima di partecipare, tra cui il rilascio dei prigionieri politici e maggiori diritti democratici per la popolazione. Tra i politici dell’ala moderata ci sono Mehdi Karrubi, ex presidente del Majles, e l’ex presidente dell’Iran Mohammad Khatami, in carica dal 1997 al 2005. Non dobbiamo immaginarci nulla di simile a un movimento secolare, laico e riformista come quelli occidentali: Khatami, ad esempio, è un teologo sciita, anche se promuove la libertà di espressione e la tolleranza ed è fortemente critico nei confronti di Mahmud Ahmadinejad.
foto: BEHROUZ MEHRI/AFP/Getty Images