Obama ha un problema con la benzina
I prezzi sono arrivati all'equivalente di 0,7 euro al litro a causa delle tensioni con Iran e Siria, e stanno diventando una grana per la Casa Bianca anche in politica interna
Gli Stati Uniti stanno facendo i conti da qualche settimana con la rapida crescita del prezzo della benzina. Il prezzo è salito ai livelli massimi per i mesi invernali, intorno ai 3,7 dollari a gallone, circa 0,7 euro al litro. Il livello è considerato particolarmente alto anche perché con l’arrivo della bella stagione i prezzi crescono solitamente di almeno 20 centesimi di dollaro a gallone. Stando alle previsioni degli analisti, i prezzi potrebbero salire di altri 50 centesimi a gallone se i rapporti tra Stati Uniti e Iran dovessero ulteriormente peggiorare, per non parlare di cosa accadrebbe nell’eventualità di un attacco israeliano alle strutture nucleari iraniane.
Le tensioni con l’Iran, infatti, sono al centro dell’aumento del prezzo della benzina negli Stati Uniti, insieme a quelle ancora più gravi con la Siria. A livello mondiale, anche la grande crescita della domanda di petrolio da parte dei paesi in via di sviluppo contribuisce all’aumento dei prezzi. Si calcola che soltanto a causa dei problemi con l’Iran il prezzo del petrolio sia aumentato del 20 per cento e ieri il prezzo di un barile di petrolio è arrivato a 107 dollari, quattro dollari sopra il prezzo dello stesso giorno del 2008. Le soglie del 2008 sono considerate una specie di spartiacque: quell’anno il prezzo del petrolio e della benzina raggiunse livelli record, compreso il più alto finora (145 dollari a barile, aggiustato all’inflazione oggi sarebbero 150,87). Il timore di molti negli Stati Uniti è che l’arrivo dell’estate e la complicata e instabile situazione politica nel mondo arabo possano far salire il prezzo della benzina ai livelli del 2008.
Questo è naturalmente anche il timore di Barack Obama: un ulteriore aumento del prezzo della benzina potrebbe compromettere la fragile ripresa economica di questi mesi, e i candidati repubblicani alla Casa Bianca stanno già attaccando il presidente accusandolo di aver sbagliato politica estera e politica energetica. Ieri il capo della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha detto a una commissione della Camera che la crescita globale del prezzo del petrolio “con ogni probabilità farà temporaneamente salire l’inflazione e ridurre il potere d’acquisto dei consumatori”. Che è l’ultima cosa con cui ci si augurerebbe di dover fare i conti in un momento in cui bisognerebbe rilanciare la domanda e i consumi.
L’amministrazione Obama sta tentando la strada diplomatica, cercando di ammorbidire la posizione dell’Iran invitando Pakistan, Cina e Turchia, grandi acquirenti di petrolio, a rivolgersi altrove. Insieme questi tre paesi comprano più di un terzo del petrolio che l’Iran esporta in giro per il mondo. Consapevole di questo tentativo, ieri il governo iraniano ha offerto 80.000 barili di petrolio al Pakistan dietro un piano di pagamento agevolato. Il Pakistan sta avendo problemi di approvvigionamento energetico e con ogni probabilità accetterà. L’Iran ha detto anche di essere disposto ad accettare pagamenti in oro invece che dollari, allo scopo di aggirare le sanzioni internazionali sulla compravendita di petrolio.
foto: JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images