La vita dei raccoglitori di canna da zucchero
Le foto dei lavoratori haitiani nella Repubblica Dominicana: immigrati illegalmente, sfruttati e pagati quasi niente
La canna da zucchero è una delle principali fonti di ricchezza di molti paesi caraibici e centro-americani. Tra questi c’è la Repubblica Dominicana, dove si produce e lavora lo zucchero dagli anni Settanta dell’Ottocento. Il settimanale americano Christian Science Monitor racconta che per molti versi oggi le cose non sono molto cambiate, da allora: «la canna da zucchero cresce sempre alta, selvaggia e dolce e i lavoratori haitiani – poveri, disperati e affamati – continuano a tagliarla, giorno dopo giorno».
Alcuni aspetti del lavoro si sono meccanizzati diventando in parte meno faticosi, ma le condizioni di vita dei lavoratori sono ancora difficili. Come allora, la maggior parte dei lavoratori vive nei batey, i villaggi costruiti dalle aziende all’interno delle piantagioni che ospitano i lavoratori e le loro famiglie. Molti batey non hanno elettricità, acqua corrente, telefoni, campi da gioco per i bambini e a volte nemmeno materassi per i letti. Generalmente i lavoratori guadagnano l’equivalente di 2,50 dollari al giorno – una giornata lavorativa dura circa dodici ore – da cui l’azienda detrae spesso una percentuale per l’assicurazione sanitaria e la pensione. Fino a quest’anno, inoltre, i salari non venivano nemmeno pagati in denaro ma in buoni che i lavoratori potevano spendere soltanto nel negozio dell’azienda che gestisce la piantagione. Il lavoro è molto faticoso e le aziende spesso non rispettano le norme di sicurezza – i lavoratori il più delle volte non indossano guanti protettivi – e non forniscono nemmeno gli strumenti da lavoro: sono gli operai stessi a procurarsi i machete e ad affilarli. Uomini a cavallo controllano periodicamente il loro lavoro e le canne tagliate vengono trasportate via da trattori nel giro di poche ore. Nella Repubblica Dominicana quasi tutti i lavoratori nelle piantagioni di canna da zucchero sono haitiani. Anche se le condizioni di lavoro sono molto dure, la loro situazione è spesso migliore di quella degli haitiani rimasti in patria.
Haiti ha circa otto milioni di abitanti ed è il paese più povero dell’emisfero occidentale. La disoccupazione è al 75 per cento, la situazione politica è storicamente instabile e la violenza diffusa e in costante crescita. Per questo molti emigrano nella Repubblica Dominicana o ci si trasferiscono per lavori stagionali: si stima che nel Paese gli haitiani siano tra 800mila e un milione, spesso immigrati illegalmente.
Inizialmente i lavoratori delle piantagioni erano soprattutto contadini dominicani e questi, potendo esercitare anche altri lavori, avevano un salario migliore. Nel 1884 il crollo del prezzo dello zucchero causò uno stallo dei salari e una conseguente carenza di manodopera interna che fu rimpiazzata da lavoratori immigrati, tra cui gli haitiani. Questi divennero presto la principale forza lavoro nelle piantagioni, tanto che la Repubblica Dominicana e Haiti stipularono degli accordi bilaterali per assicurare la continua presenza di operai nella stagione del raccolto, che inizia a gennaio e finisce a luglio. Negli anni Sessanta il Consiglio dominicano per lo zucchero aveva il compito di reclutare lungo il confine – se necessario anche con la forza – i raccoglitori di canna haitiani. Alla fine della stagione il Paese espelleva gli haitiani, a volte anche prima del giorno di paga. Ancora adesso molte aziende minacciano di allontanare i lavoratori immigrati illegalmente se si lamentano, chiedono un aumento di paga o cercano di organizzarsi in sindacati.