Il referendum dell’Irlanda sulla politica fiscale europea
Lo ha annunciato ieri il primo ministro Enda Kenny, piuttosto a sorpresa, e si preannuncia una campagna molto difficile
Il primo ministro irlandese Enda Kenny ha annunciato ieri che l’Irlanda sottoporrà a referendum il nuovo accordo sulla politica fiscale dell’Unione Europea, il cosiddetto fiscal compact, deciso dai capi di governo di 25 paesi dell’UE a fine gennaio. La data del referendum non è stata ancora decisa, ma ci si aspetta che si terrà tra poche settimane, a maggio o a giugno.
Il primo ministro Kenny ha 60 anni ed è del partito di centrodestra Fine Gael, al governo in una coalizione che include anche il partito laburista. Kenny ha detto che la decisione di tenere il referendum è stata presa dopo una riunione del Consiglio dei ministri di ieri. Da diverse settimane le forze politiche irlandesi discutevano della necessità di indire un referendum, e gran parte dei partiti di governo sembravano preferire evitarlo: per questo la decisione annunciata ieri è apparsa per molti una sorpresa.
Kenny ha annunciato che il suo partito farà campagna per il Sì. Anche il Fianna Fáil, il principale partito di opposizione che chiedeva da tempo che fosse tenuto un referendum di approvazione, ha annunciato il suo sostegno al nuovo accordo europeo. Il Sinn Féin e il partito socialista irlandese (con rispettivamente 14 e 2 deputati su 166 nel Dáil Éireann) hanno annunciato invece che faranno campagna per il No: questo non stupisce, dato che si tratta di due forze – politicamente di sinistra – che da diversi anni hanno posizioni contrarie a una maggiore integrazione europea.
La campagna si preannuncia molto difficile: gli irlandesi sono ultimamente diffidenti nei confronti delle istituzioni europee, dopo che la dura crisi economica che sta colpendo il paese dal 2008 ha costretto il paese a ricorrere a un prestito da parte del Fondo Monetario Internazionale e approvare una serie di pesanti misure di austerità. Lo scorso mese un sondaggio ha mostrato che gran parte degli irlandesi avrebbe preferito votare sull’accordo, ma che il Sì avrebbe ottenuto solo una stretta maggioranza.
Una bocciatura del fiscal compact da parte degli elettori irlandesi non avrebbe probabilmente conseguenze serie per l’accordo, a cui basta l’approvazione di 12 paesi dei 17 della zona euro per entrare in vigore. Le conseguenze maggiori arriverebbero probabilmente per l’Irlanda, che perderebbe influenza politica e fiducia da parte di mercati e investitori: gli altri governi europei vogliono che questi referendum siano evitati, perché le bocciature nei referendum segnalerebbero l’opposizione popolare a misure di maggiore unità fiscale che sono ritenute necessarie.
In passato gli elettori irlandesi hanno già votato contro provvedimenti importanti: la ratifica del Trattato di Lisbona per l’Unione Europea, che sarebbe dovuto entrare in vigore il primo gennaio 2009, venne rimandata di diversi mesi dopo che in un primo referendum in Irlanda, nel giugno 2008, vinsero i No con oltre il 53 per cento dei voti (un secondo referendum approvò il trattato, dopo che questo venne leggermente modificato, nell’ottobre 2009). Anche il primo dei due referendum irlandesi su un altro trattato dell’Unione Europea, il Trattato di Nizza, si concluse con una vittoria dei No nel giugno 2001.
Se nel referendum sul fiscal compact vinceranno i No, per l’Irlanda sarà più difficile accedere al nuovo fondo europeo di sostegno alle economie in crisi, l’European Stability Mechanism (ESM), nel caso che si renda necessario un nuovo prestito internazionale nel prossimo futuro. Un portavoce della CDU, il partito tedesco al governo in Germania, lo ha detto esplicitamente e con toni piuttosto minacciosi, dichiarando che “chiunque non accetta il trattato non ha la protezione del fondo di sostegno ESM. Se il popolo irlandese pensa che non ha bisogno di alcuna protezione da parte dell’ESM può, naturalmente, rifiutare il trattato fiscale”.
foto: FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images